Ronnie Sassoon in conversation with Edward Tang

Entrambi appassionati collezionisti, Edward Tang e Ronnie Sassoon vivono in modo totalizzante ma opposto l’affezione per le opere disseminate nelle loro case: massimalista lui, lei minimalista.

Edward Tang: Cara Ronnie, ci conosciamo da molti anni, eppure credo di non averti mai chiesto quali sono le radici della tua passione per il collezionismo d’arte.

Ronnie Sassoon: Dopo aver ultimato i miei studi in Storia dell’Arte, agli inizi degli anni 70 mi sono regalata un viaggio in Italia. Roma, Firenze… Fu una vera e propria fulminazione! A colpirmi, in particolare modo, fu il modo unico e fantasioso con cui gli artisti e gli artigiani italiani combinavano tra di loro i materiali più diversi. Ne nacque un’ossessione: i mobili, le opere d’arte e i gioielli confluiti nella mia collezione sono tutti, con poche eccezioni, legati all’Italia di quegli anni, quasi volessi ricreare attraverso di loro l’incanto di quel viaggio.

E.T. La tua villa a Bel Air colpisce per l’equilibrio con cui le tue opere e i tuoi mobili coesistono l’uno accanto all’altro, quasi delle installazioni curate al millimetro. Sei un raro esempio di “collezionista minimalista”: il che, se ci pensi, suona quasi come un ossimoro, tanto i collezionisti solitamente tendono a essere accumulatori!

R.S. Non vedo come potrebbe essere altrimenti nella casa in cui vivo, la Singleton House di Richard Neutra! A delimitarla, come sai, non sono tanto pareti in muratura quanto ampie vetrate che inquadrano la natura californiana: un paesaggio complesso, traboccante di stimoli visivi, che vive in equilibrio osmotico con la casa, entrandole dentro, “arredandola”. Da qui la mia esigenza di circondarmi di un numero limitato di oggetti e opere d’arte: a compensazione dell’esterno, l’interno della mia casa deve fungere da oasi di pace per gli occhi.

E.T. Ti farà sorridere scoprire che guardare fuori dalla finestra — persino a Manhattan, dove il paesaggio urbano non potrebbe essere più brulicante di vita! — è invece il mio modo di riposare gli occhi, tanto il mio appartamento, al contrario di casa tua, è denso di stimoli visivi! Se tu sei una minimalista, io sono un inguaribile massimalista: la mia idea di casa ideale prevede opere d’arte ovunque, senza un solo spazio libero sulle superfici o sulle pareti. Pagherei per sapere qual è il segreto del tuo approccio così equilibrato alla tua ossessione del collezionismo!

R.S. Il mio segreto è presto detto: sono convinta che gli oggetti, e in particolare le opere d’arte, abbiano una loro energia. Perché possano irradiarla al meglio, mi viene naturale lasciar loro ampio spazio attorno perché possano “respirare”.  Dopo averli avuti attorno per così tanti anni, sento che i pezzi della mia collezione sono diventati a tutti gli effetti un’estensione della mia persona; al tempo stesso, spero di avere infuso in loro una parte di me. 

E.T. In questo siamo simili: anch’io avverto un legame molto forte, e personale, nei confronti degli oggetti e delle opere a me più cari — che poi non sono quasi mai “i più cari”, ma quelli che associo a una storia, a un sentimento o a un’idea. Pensa che quando viaggio, ne porto il più possibile con me all’interno di quattro valigie. Quando poi arrivo nella stanza d’hotel — penserai che sono pazzo — la prima cosa che faccio è ridecorarla di sana pianta con le mie cose. 

R.S. Oh, non lo penso affatto, ti capisco benissimo. A volte mi chiedo come facciano, certe persone, a trasferirsi in un’altra città, e a separarsi dalle proprie cose per mesi e mesi, come se niente fosse!

E.T. Che ci piaccia o meno, siamo legati emotivamente agli oggetti che ci circondano. A me e a mio marito piace in particolar modo avere opere d’arte nella stanza da letto, così che siano l’ultima cosa che vediamo quando chiudiamo gli occhi e la prima quando li apriamo. Ma non sapendo dove altro collocarle, abbiamo saturato anche la cucina e il bagno.

R.S. Ah no, dal mio bagno e dalla mia cucina le opere d’arte sono bandite! 

E.T. (Ride) Prima di lasciarti, un’ultima domanda su quel meraviglioso Fontana che troneggia nel tuo salotto. Con tutte quelle sue violente lacerazioni della tela, concorre davvero anch’esso a creare un’atmosfera di pace?

R.S. Sì, ai miei occhi rappresenta addirittura la pace più preziosa: quella che segue guerre, violenze e distruzione. Sono particolarmente affezionata a quell’opera, la prima in assoluto che ho acquistato quando ero ragazza. E di questi tempi, mi è ancora più cara del solito. Dietro quei tagli, si intuisce l’esistenza di un’intera nuova dimensione. Amo pensare che sia il futuro: un futuro migliore.

Testo raccolto da Michele Fossi, pubblicato su Vogue Italia, aprile 2021



Ronnie Sassoon
è storica dell’arte, designer e collezionista di arte degli anni 60 e ’70 (soprattutto del movimento tedesco Zero e di Arte Povera). Vedova del celebre coiffeur e filantropo Vidal Sassoon, vive nella Singleton House di Richard Neutra, di cui ha supervisionato il laborioso restauro.

Originario di Hong Kong, noto curatore di progetti speciali per Christie’s e Sotheby’s a Londra e New York, Edward Tang ha fondato Art-Bureau, società di consulenza per l’art market. Figlio del magnate del lusso Sir David Tang, è sposato con l’imprenditore John Auerbach con il quale vive fra New York e il Connecticut (nella Stillman House di Marcel Breuer).

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