TRAVEL: JAPAN

È un dolce risveglio quello che attende i visitatori di “Sasayuri Ann Ozunu”, una villa tradizionale giapponese spersa tra le colline coltivate a terrazza della provincia di Nabari, a circa un’ora di viaggio da Nara. All’alba, col primo canto degli uccelli, una luce eterea e diffusa prende gradualmente a filtrare dalla carta di riso che decora le pareti della stanza, invitando delicatamente ad aprire gli occhi. La prima cosa che si nota è l’inconfondibile odore degli interni tradizionali giapponesi: una rassicurante fragranza di legno frammisto all’odore della paglia dei tatami che rivestono il pavimento, che da solo basta, dopo pochi respiri, ad infondere un senso di pace. A corroborarlo, l’estetica essenziale dell’arredo, ridotto come vuole la tradizione nipponica al minimo indispensabile: un materasso futon, un armadio per nasconderlo durante il giorno, un braciere al centro della stanza, un vaso di fiori, il dipinto di un grande ideogramma a decorazione di una parete, e niente più. Forme pure, armonia e ricerca maniacale dell’equilibrio ci attendono, scostata la porta scorrevole che dà sulla terrazza, anche nel vasto giardino zen che circonda la villa. Un giardino “metafisico”, dove la Natura, eccezion fatta per la presenza di qualche bonsai, è evocata soprattutto per mezzo di simboli: le linee concentriche tracciate col rastrello nel ghiaino rappresentano le onde del mare; i pesanti macigni e le zolle di muschio che, qua e là, ne rompono la monotonia, simboleggiano invece scogli e verdissime isole. Altri macigni, ancora più grandi, simboleggiano le gobbe di un enorme drago marino che – ci piace credere sia vero — ha vegliato sul nostro sonno tutta la notte, tenendo a debita distanza gli spiriti cattivi.

Il vero lusso di un soggiorno presso Sasayuri Ann Ozunu, oltre al bagno da sogno e ai tanti altri comfort che può vantare la villa, è sicuramente la possibilità di conoscerne il proprietario, Tetsuji Matsubayashi, un rispettato sacerdote buddhista che ama introdurre i suoi ospiti alla cultura e alla spiritualità giapponesi. Tra le esperienze più belle organizzate da Matsubayashi vi è sicuramente la lezione di meditazione Zazen davanti alla cascata di un fiume, nel vicino parco Muro-Akame-Aoyama. Seduti a gambe incrociate su un macigno in mezzo all’acqua, ci si ritrova a fare l’esperienza indimenticabile di lavorare sul proprio respiro immersi nella voce roboante del fiume.

La scelta di questo luogo non è casuale: le frequenze sonore prodotte dagli scrosci d’acqua, così come quelle provenienti dal vicino bosco, sono considerate dai monaci buddhisti le migliori per indurre lo stato meditativo e curare la mente. Sulle pietre del letto di questo fiume sacro, nelle immediate vicinanze delle cascate, cinque secoli fa venivano a sedersi per ore anche i Ninja: Sasayuri Ann sorge infatti nel cuore della terra, il distretto di Fukano e dintorni, che vide la nascita del loro movimento. Non tanto un corpo di guerrieri, come erroneamente tendono a rappresentarcelo Hollywood e videogiochi, quanto un movimento di resistenza strisciante contro il potere imperiale, divenuto leggendario per le sue sofisticatissime tecniche di sabotaggio e spionaggio. Si racconta che i Ninja, grazie alla meditazione davanti alle cascate, avessero affinato a tal punto il loro senso dell’udito, da riuscire a sentire il rumore prodotto dalla caduta della cenere di una bacchetta d’incenso posizionata in un’altra stanza.

L’indomani, dopo una rilassante lezione di ikebana, l’arte di arrangiare i fiori, ed un’introduzione alla cerimonia del tè, è sempre il signor Matsubayashi a raccontarci la leggenda che avvolge le origini del centro monastico del Koyasan la meta successiva del viaggio.

Si racconta che Kukai, il grande Maestro del buddismo giapponese, fondatore della corrente buddistica Shingon nel periodo Heian, fosse alla ricerca del luogo più adatto dove fondare un monastero della sua scuola in Giappone. Per individuarlo, decise di affidarsi alla magia del Vajra, un oggetto liturgico di metallo di forma allungata, caratterizzato dalla presenza, su entrambi i lati, di uno spunzone centrale e due acuminati uncini laterali, che nel buddismo esoterico è simbolo di saggezza. Ne lanciò uno dalla Cina alla volta del Giappone, pregando che il sacro oggetto, superando miracolosamente il lungo braccio di mare, gli indicasse il luogo prescelto. Le sue preghiere furono ascoltate: il Vajra precipitò sul fitto bosco del Monte Koya (Koyasan), impigliandosi sulla cima di un abete. Su queste verdissime montagne della provincia di Wakayama, a circa un’ora di viaggio da Osaka, sorge oggi uno dei maggiori centri spirituali del Giappone. Qualche turista di troppo, questo va detto, ma in compenso decine di templi da visitare e un bellissimo cimitero buddista venerato come il più sacro del paese. Se ne consiglia una visita durante una giornata di pioggia: i viottoli tra le tombe si svuotano magicamente di gran parte dei visitatori e l’immensa necropoli, complice qualche banco di nebbia che si leva dal terreno muschioso, torna ad essere un luogo intriso di spiritualità e mistero, che invita al silenzio.

Altrettanto indimenticabile l’esperienza di pernottare in uno dei dieci monasteri che, sul Monte Koya, affittano alcune delle loro “celle” ai viaggiatori. In conto bisogna mettere, certo, una levataccia: la prima seduta di meditazione insieme ai monaci inizia infatti alle sei di mattina. Si viene tuttavia ripagati dalla bellezza degli interni tradizionali e dei giardini che decorano i chiostri, e, non per ultimo, dalla possibilità di gustare una sofisticata cucina vegana famosa per fortificare il corpo e sgombrare la mente. (Molto belli sia il tempio “Rengejo-in” che lo “Shukubo”). Da non perdere una visita al complesso di templi di Danjo Garan. Uno di essi, “Kompondaito”, un’imponente stupa adibita per secoli alla funzione di centro d’insegnamento per i monaci, vanta una peculiarità architettonica che lo rende unico al mondo: è stato concepito come rappresentazione tridimensionale di un mandala. Il tradizionale Buddha al centro del disegno e gli otto Buddha minori che lo circondano si trasformano, in questo tempio, in titaniche statue tra cui ci si trova a camminare a naso all’insù, in religioso silenzio. Poco più in là, il tempio Kongōbuji cela al suo interno una vera delizia per gli occhi: una serie di decorazioni pittoriche, popolate da coloratissimi uccelli esotici ed alberi in fiore, che adornano le porte scorrevoli lignee (fusuma) delle celle destinate agli ospiti più illustri. Un capolavoro. Ci troviamo infatti in una foresteria importante: qua hanno pernottato sia l’imperatore che il Dalai Lama.

La provincia di Wakayama è anche sinonimo di relax termale. A neanche mezzora di auto dal Monte Koya, Ryujin onsen, un ryokan storico risalente al Settecento, ha la fama di essere uno dei tre migliori centri termali di tutto il Giappone per quanto riguarda il potere delle sue acque sulfuree di rigenerare e nutrire la pelle. D’obbligo una tappa anche al Yunomine Onsen, una serie di spartane baracche di legno costruite lungo un ruscello, al cui interno si nascondono vasche di acqua calda ricavate nella roccia. Qua, da tempo immemorabile, i pellegrini fanno tappa per purificare corpo e spirito durante la traversata del Kumano Kodo: l’insieme di percorsi di pellegrinaggio che attraversano le foreste di Kumano, dove si dice vivano gli Dei del pantheon Giapponese. Per vivere al meglio la magia di camminare tra alberi altissimi, immersi nel silenzio di una foresta antica e chissà, forse per davvero incantata, si consiglia di scegliere tratte poco battute, come la Kogumotori Goe e l’Ogumotori Goe. Un rigenerante bagno caldo ci attende, al termine dell’escursione, anche nel Ryokan Adumaya, un albergo di montagna circondato dal verde, sede di un altro onsen particolarmente rinomato nella regione. Qui la sera ci attende una superlativa cena di venti microportate, a base di sashimi freschissimo. Gli amanti della carne non si lasceranno sfuggire l’altra specialità di questo ryokan, lo shabu shabu, una variante più saporita del sukizaki, la bourguignonne giapponese, che prevede la cottura contemporanea di carne e verdure in un brodo caldo, il tutto accompagnato da salse varie. Un’occasione irripetibile per assaggiare la pregiata carne di manzo Mikumano, una varietà dall’aspetto marmorizzato come la celebre carne Kobe, e considerata addirittura più pregiata.

L’indomani, all’alba, ci attende la visita al mercato del pesce “Katsura”: molto più piccolo di quello di Tokyo, ma primo in Giappone per i volumi scambiati di tonno fresco. Grazie alle sue piccole dimensioni, ed all’assenza pressoché totale di altri visitatori, ci si trova ad essere gli unici privilegiati spettatori, dall’alto di un ballatoio, delle concitate contrattazioni di prezzo. La vista, da quell’altezza, è a dir poco spettacolare: l’intera superficie del mercato è ricoperta da un reticolato di tonni disposti, con precisione nipponica, in ordinatissime file. (Si dorme nel vicino Hotel “Naka no shima”, una grande struttura non priva di un certo fascino vintage, situata su un’isola prospiciente il porto di Nachikatzura, che si raggiunge per mezzo di un battello gratuito. Fiori all’occhiello dell’hotel il ricco menu di pesce crudo in dieci portate, tra cui diverse varietà di aragosta, e l’onsen vista mare). Sulla via verso Osaka, il giorno successivo, si procede poi ad esplorare la costa. Molto bella Ashigui Rock, tra le spiagge più fotogeniche del Giappone con i suoi celebri faraglioni messi in fila come soldatini. Qua, migliaia di anni fa, la lava si fece largo dalle viscere della terra fino sotto il mare, producendo, tra mille vapori e lapilli, delle curiose formazioni rocciose che ricordano le dita di una gigantesca creatura ctonia impaziente di riemergere alla luce del sole.

Un prodigio di proliferazione urbana, che, come un mare, pare estendersi all’infinito, in tutte le direzioni. Così Osaka appare dall’alto della “Abeno Harukas Tower” (300 metri di altezza). Il miglior modo di rendere giustizia all’immensa metropoli, che gode della fama di essere la città più “godereccia” e gaudente del Giappone, è di viversela nelle ore notturne. Al calare del sole, la capitale del Kansai si veste a festa, accendendosi della luce di migliaia di insegne luminose, che, soprattutto nei quartieri di Umeda e Minami, richiamano folle gioiose a riversarsi per le sue strade. La città appare allora come un invitante insieme di tentazioni, possibilità e luoghi segreti, che non chiedono altro che di essere scoperti. Ce ne dà un assaggio “Farplane”, un minuscolo strip-tease bar dove l’arte dello spogliarello, tra palloncini rossi, glitter e stelle filanti, è reinterpretata in chiave manga. Introvabile, se non ci fosse stato suggerito da un fine conoscitore della vita notturna di Osaka, anche “Nayuta”, uno speak-easy nascosto al secondo piano di un palazzo del centro, specializzato nella preparazione di raffinati cocktail impreziositi da una gran varietà di ingredienti esotici, come fiori secchi, te’, cardamomo o il pepe Giapponese. Per fare le ore piccole, si prosegue poi verso uno dei tanti club per cui Osaka è famosa: come il “Piccadilly”, l’“Amemura” e lo “Shinsaibashi”, il “Candy” e lo “Cheval”.

La mattina successiva, dopo un caffè doppio, ci si lancia alla scoperta di alcuni dei quartieri più interessanti della metropoli: come l’elegante Umeda e il vivacissimo Namba, dove si concentrano maid café, negozi di manga e video giochi. Qua, nell’affollata Dokuyasugi street, si può valutare l’acquisto di affilatissimi coltelli da cucina Sakai, un prodotto dell’artigianato locale per cui la città è famosa in tutto il mondo. Ci si lancia poi alla scoperta della celeberrima scena gastronomica di Osaka: vivacissima, originale ed economica, che non ha nulla da invidiare a quella di Tokyo. Si comincia con un pranzo a “Kappo Kigawa”: ristorante storico di Osaka insignito di una stella Michelin, specializzato nella cosiddetta cucina “Kappo” dove ci attende un minuzioso percorso alla scoperta di ingredienti ricercati come i “kabura”, i bulbi di tulipano locali, pregiati funghi hiratake e hamo, le uova di anguilla. Ottimo, e sorprendentemente economico, il ristorante Segawa, dove, seduti attorno ad una piastra calda di metallo al centro del tavolo, si gustano capisaldi dello streetfood locale come gli Yakisoba in nero di seppia e gli okonomiyaki (pancake ripieni) di pomodoro e formaggio. Cibo di strada protagonista anche del bel quartiere di UraTenma, un dedalo di stradine fumose riempite di bancarelle, dove si respira un’atmosfera particolarmente rilassata. Qua si possono assaggiare altri piatti tipici di Osaka, come takoyaki(polpette fritte), okonomiyaki e kushikatsu (spiedini fritti). Per esperienze gourmet di livello, si prenota una cena al Ritz-Carlton Osaka, dove si può scegliere tra il francese “La Baie” dello chef Christophe Gibert, insignito di una stella Michelin, ed il superlativo sushi bar “Hanagatami”. Il ristorante vanta un menu a chilometro zero, con pesce stagionale freschissimo pescato esclusivamente nelle acque della regione. Seduti al bancone, si potrebbe rimanere ore ad ammirare incantati la gestualità antica con cui il maestro di sushi Nobukazu Yoshida, maneggiando costosi ed affilatissimi coltelli, porziona il pesce con chirurgica precisione. Siamo del resto in Giappone: il paese che più di ogni altro al mondo ha saputo sublimare il taglio degli alimenti in una raffinata forma d’arte.

Per godere di un angolo di Giappone graziato, chissà ancora per quanto, dal flagello del turismo di massa, vale la pena programmare una sosta di qualche giorno nella remota isola di Sado. (Ci si imbarca da Nigata, dopo una sosta di qualche giorno a Kanazawa). A dispetto delle sue grandi dimensioni (è la prima isola per grandezza del Giappone, escludendo le quattro principali), Sado preserva pressoché intatto il suo fascino di provincia remota, ed offre al visitatore una notevole varietà paesaggistica, tra pianure verdissime, aspre montagne, foreste, spiagge di sabbia e scogliere. Il lusso di essere quasi sempre soli a visitare le sue attrazioni, in particolare, contribuisce a trasformare le esperienze fatte sull’isola tra le più magiche ed indimenticabili dell’intero viaggio in Giappone. Sado abbonda infatti di luoghi abbandonati, o quanto meno deserti per gran parte del tempo. Come il bel villaggio di pescatori di Shukunegi, un dedalo di stradine strettissime su cui affacciano tradizionali casette di legno ingrigito dalla salsedine, sede, già nel ‘600, di un importante cantiere navale. O i templi di Seisuji e di Chokukuji, dove, come in un romanzo di Salgari, ci si trova a camminare in religioso silenzio tra statue di demoni, stupe ed edifici di culto seminascosti dalla vegetazione. Al Daizen Shrine troviamo invece uno spartano teatro del No settecentesco abbandonato, con, ancora perfettamente conservato, il tradizionale dipinto di un pino sullo sfondo della scena. D’obbligo anche una visita all’ex miniera d’oro “Kinzan”, un tempo la più importante del Giappone, dove androidi vestiti da minatori ed armati di piccone ricreano, all’interno del labirinto di cunicoli che la compone, scene di vita lavorativa quotidiana.

A dispetto della sua remota posizione geografica, l’isola di Sado negli ultimi cinque anni si è guadagnata la reputazione di essere una delle più interessanti mete gourmet dell’intero Giappone. Il motivo va cercato nella facile reperibilità sull’isola di ingredienti di altissima qualità, a partire dal pesce: la presenza, al largo delle sue coste, di un provvidenziale Shiome o “occhio delle correnti”, ovvero un punto d’incontro tra una corrente fredda ed una calda, fa sì che le acque dell’isola siano pescosissime tutto l’anno, con oltretutto una grande varietà di specie pescate. L’isola vanta inoltre allevamenti di pregiate varietà di carne introvabili altrove, come il maiale nero ed il pollo “senza barba”, e una ricca produzione locale di frutta selvatica, bacche, castagne funghi ed erbe aromatiche. Si spiega così la decisione di numerosi chef di Tokyo, negli ultimi anni, di trasferirsi sull’isola ed aprire qui i loro ristoranti. Tra questi figura Kuniaki Osaki, chef e fondatore dell’ottimo “Seisuke”: da non perdere il suo Cha-geē, una selezione dei migliori ingredienti di Sado serviti con un brodo speciale a base di tè verde e riso. Per una pausa pranzo ristoratrice si fa invece sosta al “Soba Mozem”, dove i soba, i tradizionali spaghetti di grano saraceno giapponesi, vengono proposti con una spruzzata di noci selvatiche pestate di fresco. Due ristoranti d’eccezione, che da soli valgono il viaggio su quest’isola lontana, si nascondono all’interno dell’Hotel Urashima: uno francese (dove si può assaggiare la lingua di maiale nero, la tempura di fichi e la testa di salmone a fettine) ed uno tradizionale giapponese, famoso per il suo interminabile menu di pesce fresco, rigorosamente pescato sull’isola, strutturato in ben sessantasette (!) microportate. Prima di ripartire, ci si reca in visita alla fabbrica di saké della celebre marca “Hokusetsu”, famosa per le sue cantine dove notte e giorno risuona musica classica: esporre il sake a vibrazioni sonore armoniose ne influenzerebbe infatti positivamente la qualità. Una finesse che fa miracoli, stando almeno all’entusiastico giudizio di Robert De Niro, che ha definito la varietà “YK35”, qui prodotta, niente meno che “la migliore al mondo”.

Stop Over a Abu Dhabi

Un grazie sentito degli autori va a Etihad Airways, senza il cui il generoso supporto questo viaggio non sarebbe stato possibile.

Tra i motivi per scegliere la compagnia emiratina per volare in Giappone, oltre alla comodità di coincidenze quotidiane per Tokyo (sia da Roma che da Milano) e una flotta giovanissima, vi è sicuramente la possibilità di stop over gratuito ad Abu Dhabi. Un’ottima occasione per spezzare il lungo viaggio e trovarsi catapultati, per qualche giorno, nella capitale culturale degli Emirati Arabi. Oltre a classiche attrazioni come il Louvre Abu Dhabi, la Moschea dello sceicco Zayed, la città di Al Ain ed il Falcon Hospital, si consiglia di non lasciarsi sfuggire, prenotando in anticipo, l’ “Emirati Heritage Experience”: un intimo ed avvincente viaggio nella complessità della cultura dell’ospitalità beduina, organizzato da una giovane ragazza emiratina, Maitha Essa, direttamente nel suo salotto di casa. Tra un caffè al cardamomo e vari assaggi di ricette tipiche degli Emirati, si viene introdotti passo passo alle innumerevoli regole di bon ton, che, insospettatamente, regolano le relazioni sociali all’ombra delle tende nel deserto. Guai a riempire una tazza di caffè più di un quarto, o a non rispettare il senso antiorario quando si servono le tazze agli ospiti seduti in cerchio: è considerato un insulto. La comunicazione tra ospite e padrone di casa, per tutto ciò che riguarda il caffè, procede inoltre rigorosamente per gesti e mai verbalmente. Retaggio del tempo in cui, per servirlo, si impiegavano unicamente giovani sordi, così da mantenere al sicuro i segreti delle conversazioni. (Per prenotare l’“Emirati Heritage Experience” : maitha.essa@hotmail.com)

Per pianificare uno stop over (o una breve vacanza fino a cinque giorni) ad Abu Dhabi, si può valutare l’acquisto dell’’Extraordinary Abu Dhabi Pass, con cui si accede a sostanziosi sconti sulle maggiori attrazioni dell’emirato, dai ristoranti e musei fino alle spa e alle spiagge più belle.

Si pernotta al St. Regis Abu Dhabi: un tripudio di marmi scintillanti ed architetture arabeggianti da mille ed una notte, con tanto di accesso privato alla spiaggia (balneabile anche nei mesi invernali). A dispetto del lusso sfrenato, il rapporto qualità prezzo di questa struttura è sorprendentemente favorevole.

 

Consigli per il viaggio

OSAKA

Dove dormire:

The Ritz-Carlton Osaka

Anche se la sua inaugurazione risale a soli venti anni fa, l’esclusivo The Ritz-Carlton Osaka, imitazione perfetta di un hotel signorile europeo di fine Ottocento, è diventato in breve tempo il punto di ritrovo dell’Osaka bene, che qua è solita darsi appuntamento per un drink con vista al cocktail bar del 35 piano o per una cena in uno dei rinomati quattro i ristoranti in house.

Monterey

Situato nel quartiere di Namba, a due passi dalla Stazione dei treni JR Osaka, l’hotel Monterey offre una soluzione più economica ma estremamente confortevole. Fiore all’occhiello della struttura, oltre agli interni ispirati alla Vienna imperiale, la ricca colazione in stile sia continentale che giapponese, servita al 23 piano dell’edificio. Per iniziare la giornata con una vista mozzafiato su uno dei paesaggi urbani più densi e suggestivi del mondo.

TOKYO

Musei

Da non perdere una visita al Nezu Museum, che raccoglie un’importante collezione di arte antica in una bellissima struttura di Kengo Kuma e al Sumida Hokusai Museum , museo dedicato interamente a Katsuhika Hokusai, il maestro dello Ukiyo-e, progettato dalla celebre Kazuyo Sejima. Tra quelli di più recente apertura, Kusama Yayoi Museum, interamente dedicato all’artista, inaugurato nel 2017 ed il Mori Building Digital Art Museum, il Museo di arte digitale del famoso collettivo teamLab. Per avere un assaggio del futuro, ed ammirare da vicino ad esempio alcuni dei più avanzati robot ed androidi mai costruiti, si visita invece il Miraikan, il museo nazionale per l’innovazione e la scienza. Un museo altamente interattivo, che mette d’accordo grandi e piccini, da cui si esce con la piacevole sensazione di essere montati su una navicella ed aver viaggiato nel tempo.

Shopping

Oltre al celeberrimo distretto di Ginza, Shibuya, OmentesandoHarujuku sono tre quartieri centrali dove si concentrano le vie dello shopping. Gli amanti del cibo non si lasceranno sfuggire una visita al reparto “Food” del centro commerciale Mitsugoshi. Soprattutto se si tratta del primo viaggio in Giappone, la quantità di ricette ed ingredienti sconosciuti in cui ci si imbatte in questo Food Store è tale, che è bene pianificare almeno un’ora per la sua visita, così da avere tempo per effettuare assaggi e, soprattutto, soddisfare la propria curiosità assillando i passanti che parlano inglese con domande. Akihabara è invece il quartiere di Tokyo dove si concentrano i più importanti negozi specializzati in letteratura e modellistica manga e anime, indiscussa mecca mondiale per gli amanti del genere. Ragazze vestite come personaggi dei cartoni animati attirano i clienti all’interno di maid e manga cafés, una sorta di internet café dove si leggono fumetti o si visionano DVD, molto amati in Giappone.

Lottatori di Sumo

Per assistere agli allenamenti dei lottatori di sumo, ci si reca la mattina presto alla palestra del club sportivo “Arashio Beya” (2-47-2 Hama-cho, Nihonbashi). Non è concesso entrare all’interno, ma si riesce comunque a sbirciare attraverso le finestre che danno sulla strada. I lottatori – vere e proprie star in Giappone – si allenano tutti i giorni, per tutta la mattinata, nel rispetto di una disciplina ferrea e di una stretta gerarchia, che impone che siano i più forti a mangiare per primi. Anche la dieta, ovviamente, sottosta a regole ferree: i piatti più comuni presenti sulla tavola dei lottatori, sono Hitsumabushi, riso con anguilla, brodo vegetale e pesce a volontà. Il peggior incubo di un lottatore di sumo? La calvizie: proprio come il Sansone di biblica memoria, perdere i capelli equivale a perdere simbolicamente la sua virilità, e con essa il diritto a partecipare agli incontri di lotta.

Kabuki

Un viaggio a Tokyo non sarebbe completo senza aver assistito ad uno spettacolo di Kabuki al Kabuki-za di Ginza. Per prenotazioni: +81 (0)3-3545-6800

Dove mangiare:

Uoji Harada

Venticinque anni di esperienza nel servire i suoi sushi direttamente ai clienti al di là del bancone e un rigore maniacale, quasi da samurai, nel taglio delle carni di pesce e nella scelta degli accostamenti, sono i punti di forza di questo minuscolo ristorante su due piani a Ginza. Oltre ai più noti sushi di tonno, così teneri da sciogliersi in bocca, Harada si avventura con sicurezza in regioni del gusto del tutto inesplorate, senza mai sbagliare un colpo: particolarmente convincenti il sushi di uni (riccio di mare) e caviale, l’esotico “kawa hagi” (un piccolo pesce tropicale) servito con parte del fegato, e, forse il più convincente, quello con Ikura (uova di salmone) e tartufo bianco, che si rivela a sorpresa un’ottima combinazione.

Indirizzo:

7-4-7 Ginza Chuo-ku

+81-3-3289-3671

Kichisei – (Fugu)

Non si può lasciare il Giappone senza aver provato il brivido di assaggiare la carne di fugu, il pesce palla. Una roulette russa: se le carni non vengono preparate a regola d’arte, rimuovendo meticolosamente le sacche del veleno, possono risultare addirittura mortali. I rischi in realtà sono pressoché nulli se ci si rivolge ad un ristorante abilitato e soprattutto se si rinuncia all’assaggio delle interiora del pesce, la parte più facilmente contaminata, di cui i giapponesi vanno ghiotti. Kichisei, piccolo ristorante a conduzione familiare situato in una stradina del quartiere storico di Ningyocho, si rivela un’ottima ed economica alternativa ai costosi fugu restaurant del quartiere di Ginza. La carne di fugu, rigorosamente non di allevamento, viene proposta dallo chef Keisuke Okuyama in zuppa, grigliata e come sashimi. In quest’ultimo caso tagliata come vuole la tradizione in fette così fini da risultare trasparenti, disposte a raggiera su bellissimi piatti decorati, accompagnata unicamente da salsa al sudachi, il lime giapponese. Più che il sapore, così delicato da essere percepito come retrogusto a fine masticazione, del fugu si finisce con l’apprezzare soprattutto la consistenza gommosa, insolita per un pesce, e, il lieve effetto anestetizzante delle sue carni sulla lingua. Difficile trattenersi dal domandarsi preoccupati, al primo boccone: “Che sia dovuto a tracce del famigerato veleno?”.

Suigian

Inaugurato nel marzo del 2018, Suigian è un elegante ristorante-teatro, dove è possibile assistere a spettacoli di NO e al contempo gustare dell’ottimo sushi. Sullo sfondo di una scenografia originale del diciottesimo secolo proveniente da un teatro di Kyoto, gli attori, vestiti di pesanti costumi, si cimentano nei canti e nelle danze che un tempo solevano deliziare la coppia imperiale.

Dove dormire:

Chinzanso Tokyo

A rendere questo superbo cinque stelle (ex Four Season) unico nel suo genere è soprattutto il suo sterminato giardino giapponese: quasi sette ettari di superficie (!) costellati di ruscelli, tradizionali ponti rossi e persino una pagoda di tre piani del ‘300. Un polmone verde privato, più che un giardino, che regala ai privilegiati ospiti di questa struttura l’illusione di vivere in mezzo alla natura, e non nel cuore di una delle più grandi megalopoli del mondo. Tra i fiori all’occhiello dell’hotel figurano “YU”, la spa premiata da Forbes Travel Guide, e l’ottimo ristorante giapponese “Mokushundo”. La sua specialità è la squisita carne di filetto di manzo “Kuroge-Wagyu”, cucinata — direttamente sul tavolo e senza bisogno di olii di cottura — su una piastra di pietra lavica del monte Fuji.

Aman

Aman Tokyo, l’unico city hotel della catena di resort Aman , può vantare — senza esagerare — una delle lobby più belle al mondo: la sovrasta un’immensa e diafana struttura di carta e legno, direttamente ispirata alle porte scorrevoli giapponesi, che dà l’impressione di essere entrati in un microcosmo. La superba piscina con vista sullo skyline della città al 35 piano, tra altissime vetrate e pietra lavica, è una ragione sufficiente per scegliere questo hotel. Molto intima l’atmosfera dell’esclusivo sushi bar – anch’esso con vista sui grattacieli – inaugurato a metà ottobre. Solo otto posti, il che rende necessario riservare un tavolo alcune settimane in anticipo.

Park Hotel

Hotel che offre un buon rapporto qualità prezzo, stanze decorate da artisti locali (molto bella quella ispirata al classico della letteratura giapponese “Il racconto di Genji”) e una posizione centralissima, a due passi dalla stazione di Shinbashi e dalle affollate vie dello shopping di Ginza.

Hoshinoya Tokyo

Sembra incredibile che nel cuore di Otemachi, la city di Tokyo, tra alti grattacieli e business men incravattati, possa nascondersi questa oasi di pace unica nel suo genere, dove le accoglienti atmosfere dei Ryokan, gli alberghi montani giapponesi, convivono con i più alti standard di lusso urbano. Motivo di vanto della struttura, oltre al multipremiato ristorante in-house, il ricco ventaglio di attività gratuite, sia culturali che di wellness, messe a disposizione degli ospiti. Tra le più belle, la cerimonia del tè e quella – più rara e pressoché dimenticata — dell’incenso, ed il bagno rigenerante nell’onsen al diciassettesimo piano, alimentato da acqua termale prelevata ad un chilometro e mezzo di profondità sotto l’hotel!

Trunk Hotel

L’atmosfera che si respira in questo giovane e frizzante hotel di Shibuya è, per molti versi, quella di un Soho Hotel: un luogo aperto, che respira osmoticamente con la città, eletto a punto di incontro dai giovani creativi di Tokyo. Il design è qua protagonista assoluto: sia nella Lobby-Lounge (dove la sera non di rado si svolgono concerti e serate), sia nelle curatissime stanze, ispirate ad un mix di gusto ipercontemporaneo e vintage. Ottima la cucina dell’in-house restaurant “Trunk (Kitchen)”, un bistro che propone cucina giapponese contaminata con varie cucine internazionali.

Una pausa rigenerante nelle Alpi Giapponesi: Hoshinoya Karuisawa

Dopo i bagni di folla di Osaka e Tokyo, la miglior medicina è montare su uno Shinkansen, il treno veloce, e raggiungere in meno di due ore le Alpi Giapponesi, ed abbandonarsi a lunghe passeggiate nei boschi di acero per cui sono famose. Per una due giorni davvero da sogno, la scelta ricade su una storica perla dell’Hotellerie Giapponese: l’Hoshinoya Karuizawa, fondato nel 1904. Circondato da colline boscose, questo hotel diffuso, strutturato in circa trenta ville costruite lungo un fiume, è particolarmente apprezzato per la qualità altissima del suo ristorante. Dopo cena, per concludere in bellezza, ci si regala un bagno caldo al “Meditation onsen”: una struttura termale da sogno, resa unica dalla presenza di una vasca al buio completo. Una vera e propria esperienza di vita, più che un semplice bagno caldo: basta immergersi nelle sue tiepide acque per regredire istantaneamente ad uno stato di beatitudine intra-uterina.

KANAZAWA

Dove mangiare:

Jugatsuya

Da non perdere un pellegrinaggio al ristorante “Jugatsuya” (1-26-16 Higashiyama), non fosse per il fatto che ci conduce alla scoperta di in un bellissimo quartiere appena fuori dal centro, dove sopravvivono intatte le case in legno d’inizio secolo. Il raffinato menu, strutturato in un’alternanza di piccoli piatti a base di carne (soprattutto anatra) e pesce, propone varietà meno note di riccio di mare, tofu di sesamo, carne di luccio e radice di lillà. Un altro punto di forza del locale è sicuramente la sua atmosfera intima e conviviale, grazie al numero limitato di coperti, dieci in tutto, disposti ad U attorno ad un bancone.

Tori Bonchi

Un enorme Gallo dipinto su un telo bianco che copre l’entrata, segnala che siamo arrivati a Tori bochi, fumoso e accogliente ristorante di Kanazawa. La specialità del locale è la carne di pollo, proposta come spiedini yakitori, sukiyaki , e, per i più temerari, persino nature (!) come sashimi, accompagnata unicamente da wasabi, aglio e salsa di soia.

Kagayasuke

Storico sushi bar di Kanazawa a conduzione familiare, aperto nel 1955, specializzato in sushi, con una predilezione per varietà di pesce insolite, come il buri. Fiore all’occhiello del ristorante il sushi all*’ikura*, le uova di salmone, prodotto in casa. In ossequio ad una vecchia tradizione, i sushi qui vengono serviti direttamente sul bancone di legno, e non su piattini.

Dove dormire:

Ryokusone

Vale la pena rinunciare ad una posizione centrale per soggiornare, almeno una notte, in questo superbo ed intimo Ryokan, che si erge come una fortezza su una collina a circa 30 minuti a piedi dal centro e da cui si gode una bellissima vista sulla città. Ci porta infatti a scoprire l’atmosfera rilassata di un delizioso ed autentico quartiere di stradine e case in legno a due piani d’inizio secolo, completamente fuori dalle rotte turistiche. Ci si sente quasi ospiti di una famiglia privata in questa piccola struttura di solo sette stanze, decorate ciascuna in stile diverso: si può scegliere tra interni tipicamente giapponesi, con tatami e futon, e altri più all’occidentale, con il letto, ma sempre contaminati da un’estetica ed un’attenzione al dettaglio tipicamente nipponici. Motivo di vanto del ristorante al piano terra il menu in stile Kaseki (e cioè in più portate) a base di granchio.

Kumu

Nata dalla visione del designer locale Yusuke Seki, questo fresco boutique hotel inaugurato nel 2017 propone, in chiave creativa ed ipercontemporanea, gli elementi tipici dell’interior tradizionale nipponico, reinventandoli di sana pianta. Avviene così che le porte scorrevoli rivestite di carta di riso vengano utilizzate nelle stanze per decorare le finestre, o che i tradizionali armadi per nascondere il futon siano sospesi, contro ogni regola, ad un metro da terra. A decorare i corridoi dei quattro piani, voluminose opere di quattro artisti locali.

Uan

Il concept dietro a questo delizioso boutique hotel è quellao di creare uno spazio pensato per fornire un buon “Piano B” durante le ore di pioggia: Kanazawa è infatti una città tra le più piovose del Giappone.

La sua lobby è stata dunque concepita come un luogo di relax, con soft drink gratuiti a disposizione degli ospiti 24 ore su 24, un ampia collezione di artigianato locale per rifarsi gli occhi e la sera, per chi lo desidera, soba a volontà compresi nel prezzo. Molto ricca la colazione giapponese con cui l’hotel vizia i suoi ospiti, con tanto di varietà pregiate e costose come il Nodoguro (“black throat”), un pesce locale apprezzato per le proprietà benefiche dei suoi grassi.

Libri da mettere in valigia

“Tokyo Express”, di Matsumoto Seichō. (Adelphi). Un noir che ci riporta a seguire le tracce di un assassino sui puntualissimi treni giapponesi, che – buona cosa per il detective che deve ricostruire il retroscena di un duplice omicidio – non conoscono la parola ritardo.

“Il fucile da caccia”, di Inoue Yasushi (Adelphi). Un amore proibito raccontato in tre lettere, di Yasushi Inoue

“Ombre giapponesi” (Adelphi) di Lafcadio Hearn, un viaggio tra antichi miti e leggende giapponesi

Fosco Maraini, “Le ore Giapponesi”. Una delle più ricche introduzioni alla cultura giapponese mai scritte. Storia, arte, letteratura, religione e calligrafia Giaponesi, raccontati, al ritmo di una lenta peregrinazione in macchina nelpaese del Sol Levante a metà degli anni Cinquanta, dal grande etnologo, fotografo e scrittore.

E di prossima uscita:

“Poesie. Letteratura e Illuminazione”, di Eihei Dōgen. (Bompiani). La casa editrice torinese ripubblica l’intera collezione di poesie in lingua giapponese, più quindici poesie in cinese del maestro Zen Eihei Dōgen (1200-1253). Grande testimonianza di un percorso spirituale e imperdibile viatico per raggiungere l’illuminazione.

“Le isole dei pini di Marion Poschmann” (Bompiani). Tutto l’incanto del Giappone concentrato nell’acclamato romanzo della scrittrice tedesca, arrivato finalista al Deutscher Buchpreis.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano per il prezioso supporto ricevuto: Maiko Zenki del JNTO, l’ufficio nazionale per la promozione del turismo giapponese; Kansai Bureau of Tourism; Wakayama Tourism federation (https://en.visitwakayama.jp/); l’Ufficio del Turismo di Tokyo (TCVB – www.gotokyo.org/it – tokyotokyo.jp) e la sua rappresentante in Italia Chigumo Miyamura.

Il viaggio a Sado non sarebbe stato possibile senza i contatti e le conoscenze di Lauren Scharf (lauren@okuni.co), fine conoscitrice del Giappone e titolare di un’agenzia di viaggio specializzata nell’organizzazione di esclusivi tour su misura lontani dalle grandi rotte del turismo.

 

Boschi di acero, Karuizawa ©Michele Fossi
Teatro No abbandonato, Daizen Shrine, Sado. ©Michele Fossi.
Il villaggio di pescatori di Shukunegi, Sado. ©Michele Fossi.
Androidi vestiti da minatori all’interno della miniera d’oro “Kinzan”, Sado. ©Michele Fossi.
Androidi vestiti da minatori all’interno della Miniera Kinzen, Sado. ©Michele Fossi. ©Michele Fossi.
Tokyo. ©Michele Fossi.
Tokyo ©Michele Fossi.
Abeno Harukas Tower, Osaka.
Sala giochi del quartiere di Namba, Osaka.
Lezione di Ikebana all’interno di Sasayuri Ann Ozuni
Vista del giardino Zen dall’interno di Sasayuri Ann Ozuni
Sacerdote buddhista suona il corno nel parco Muro-Akame-Aoyama, nei pressi di Sasayuri Ann
Koyasan, Wakayama
Koyasan, Wakayama
Cerimonia notturna al al complesso di templi di Danjo Garan, Koyasan, Wakayama
Ryujin onsen, Wakayama
Mercato del pesce “Katsura”, Wakayama
Reception dell’Hoshinoya Hotel, Tokyo
Ashigui Rock, Wakayama
Hotel Hoshinoya, Tokyo
Ristorante In-house dell’Hotel Hoshinoya, Tokyo
Ristorante In-house dell’Hotel Hoshinoya, Tokyo

La nuova ossessione dei Giapponesi, giovani e non: gli “squeezes” di gommapiuma. Tokyo.
Lobby del Ritz-Carlton Osaka.
Tokyo dall’alto del grattacielo Tokyo City View
Hanagatami restaurant al Ritz-Carlton, Osaka
Tokyo dall’alto del grattacielo Tokyo City View
UraTenma, Osaka
Allenamento di lottatori di sumo nella palestra “Arashio Beya”, Tokyo
Spettacolo di teatro No al ristorante Suigian, Tokyo
Osaka
SUIGIAN – 水戯庵 restaurant in Tokyo.
Osaka
Strip-tease bar “Farplane”. Osaka.
Strip-tease bar “Farplane”. Osaka.
Strip-tease bar “Farplane”. Osaka.
Cerimonia del fuoco officiata da Tetsuji Matsubayashi. il sacerdote buddhista proprietario di Sasayuri Ann.
il trenino di montagna da Osaka a Koyasan.
Cimitero Okunoin, il più grande del paese.
Il capo-monaco del tempio Shukubo, Koyasan
Shibuya, Tokyo.
Mori Building Digital Art Museum, Tokyo
Mori Building Digital Art Museum, Tokyo.
Mori Building Digital Art Museum, Tokyo.
Akihabara, Tokyo.

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