Interview with Jorinde Voigt

«Non ho mai osato tanto come in questa mia ultima serie di disegni», confessa l’artista tedesca Jorinde Voigt nel suo studio berlinese parlando di “Superpassion”, la sua prima personale italiana, appena inaugurata al MACRO di Roma e visibile fino al 9 Marzo 2014. «Ognuna delle sedici opere prende avvio da un passaggio o da un capitolo del libro “Liebe als Passion” dello scrittore tedesco Niklas Luhmann», spiega. A differenza di “Piece for Words and Views”, l’altro sua recente lavoro scaturito dall’analisi di un testo letterario (“Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes), le immagini si fanno qui però più astratte. «Esse provengono da un mio lato intimo e segreto che mai avevo sondato prima. Evocarle ha avuto, non ne faccio mistero, un alto costo emotivo». Mente da scienziata e fisico da modella, considerata una dei nomi più promettenti tra gli artisti della sua generazione (è vincitrice del 2012 Drawing Prize della fondazione Guerlain), la trentaseienne tedesca è una dei pochissimi artisti contemporanei ad utilizzare la tecnica del disegno come strumento d’indagine: formatasi sugli spartiti musicali (dai 9 ai 26 anni studia violoncello), ai suoi occhi il reale appare pervaso da fitte reti di “assonanze” invisibili che è compito della matita rivelare attraverso complesse mappe concettuali multi-parametriche. L’osservazione attenta, quasi maniacale, dei soggetti più disparati (come le sfumature di verde di un giardino botanico), si traduce così in complessi e misteriosi avviluppi astratti di linee, impreziositi di volta in volta da annotazioni, macchie di acquerello, collage e applicazioni in foglia d’oro, che conferiscono ai suoi imponenti disegni, scaturiti dal rigore matematico, un inatteso impatto estetico: basti pensare a “Combination Algorithm Eagle Flight Path 100 Eagles”, una delle sue opere più iconiche e belle, nella quale parametrizza la grazia di cento aquile che spiccano il volo in simultanea. Di piume, artigli ed ali, tuttavia, nessuna traccia. «È stata la musica ad insegnarmi che una notazione astratta su carta può veicolare le più grandi emozioni. E come la musica, la mia arte può emozionare anche senza saperne leggere la partitura». «Una volta create, lascio che le immagini dei miei disegni siano libere di svilupparsi in maniera autonoma, dinamica. Che “vivano” sulla carta. Attraverso continue reiterazioni di una regola, da ciascuna di esse ne scaturisce un’altra, fino ad ottenere delle serie in apparente movimento, da leggersi come rappresentazioni rigorose delle infinite possibilità di uno stesso principio». L’algoritmo: struttura logica con cui in matematica si risolvono i problemi per via iterativa, per l’artista tedesca diventa lo strumento d’elezione per rendere conto della complessità del reale. «Siamo esseri viventi, in continuo cambiamento. Per questo sono interessata alle prospettive multiple». Neppure l’amore sfugge ai suoi disincantati diagrammi di flusso: in “2 People Kissing”, un bacio si moltiplica per via iterativa centinaia di volte fino ad originare quattordici disegni ed un numero indefinito di variazioni sul tema.

Sulla nuova mostra a Neuss su Beethoven

Se il reale per Jorinde Voigt è una partitura invisibile che non chiede altro che di essere trascritta su carta, può avvenire anche che una partitura sia il punto di partenza per indagare il reale. In particolare, per descrivere il nucleo emozionale contenuto all’interno di una musica. È il caso della serie di disegni “Ludwig van Beethoven, Sonate 1-32”, visibile fino al fino al 2 Febbraio presso la fondazione Lange a Neuss, in Germania. «È possibile, mi sono chiesta, creare una notazione universale per descrivere in modo sistematico lo spettro di emozioni racchiuso nelle composizioni di Beethoven, senza scadere nell’illustrazione o in una loro interpretazione?»

 

Pubblicato su Vogue Italia, Dicembre 2013

Photo credit portraits: Steven Kohlstock

 

 

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