«La decisione di fondare lo IAIA, il nuovo museo e hub culturale newyorchese per la promozione dell’arte dei paesi arabi ed islamici, nasce dalla constatazione che i continui pregiudizi sul mondo arabo ed islamico, sempre più amplificati dalla politica, hanno finito col limitare e danneggiare profondamente gli scambi culturali tra i paesi dell’area musulmana e gli Stati Uniti», racconta lo sceicco qatariota Mohammed Rashid Al-Thani, studioso d’arte e fondatore del neonato museo e centro culturale newyorchese, la cui inaugurazione ufficiale è prevista il 3 Maggio nella sede provvisoria di 3 Howard Street. «La nostra prima mostra, intitolata senza troppa fantasia “Exhibition 1”, raccoglie le opere di quattro artiste — la palestinese-saudita Dana Awartani, l’iraniana Monir Shahroudy Farmanfarmaian, e le indiane Zarina Hashmi, e Nasreen Mohamedi — accomunate da una forte fascinazione per la geometrica dell’architettura islamica, a dispetto della radicale diversità delle quattro artiste per provenienza, gusto e tecniche utilizzate”, spiega. Il curatore della mostra sarà lo stesso Al-Thani. «Anche se negli Stati Uniti vi sono varie istituzioni che in passato si sono confrontate con l’arte e la cultura islamica, spesso con risultati egregi, quasi sempre si è trattato di mostre concepite da occidentali per un pubblico occidentale, con una predilezione per narrative che raramente sono espressione genuina della nostra società e della sua cultura», lamenta. «Scegliendo di preferenza curatori provenienti da paesi dell’area islamica, lo IAIA vuole ovviare a questo problema, e diventare un prezioso vettore di autentica cultura araba e islamica nella Grande Mela, senza filtri e distorsioni di sorta». Lo IAIA, che è ancora in cerca di una sede fissa a Manhattan, ha già annunciato di avere in calendario altre due mostre nel 2017 e quattro nel 2018. «Per il momento siamo un museo itinerante, e ci identifichiamo soprattutto con il nostro programma di mostre. Tra i progetti a cui stiamo lavorando, vi è anche una grande mostra dedicata al dialogo tra opere di artisti dell’area islamica ed opere di artisti occidentali» racconta lo sceicco, per poi ricordare che il neonato istituto, tra le sue missioni, avrà anche quella di favorire la diffusione di opere letterarie e testi accademici provenienti dal mondo islamico, finanziandone e curandone la traduzione in inglese, così come quella di organizzare residenze d’artista nella Grande Mela riservate ad artisti provenienti dall’area islamica.
«La parola “islamic” contenuta nell’acronimo di IAIA (Istitute for Arab and Islamic Art), mi preme precisare, non ha un’accezione religiosa, ma unicamente culturale, e “Exhibition 1” lo mostra alla perfezione: pur essendo nate in aree così distanti geograficamente tra di loro, le quattro artiste dimostrano di condividere un’esperienza ed una sensibilità comune, che nasce loro dall’essere nate e cresciute in paesi islamici o dove l’islam ha lasciato forti tracce. La parola “mediorentale”, al contrario, non rende giustizia alla vastità di un’area culturale che si estende dall’Indonesia al Marocco». Tra i punti forti della neonata istituzione culturale newyorchese vi sarà, in particolare, la sua indipendenza economica: rara avis nel panorama delle istituzioni museali che promuovono l’arte islamica nel mondo, lo IAIA si profila come una non profit finanziata principalmente da capitali di mecenati privati, e dunque libera da qualsivoglia vincolo curatoriale imposto dalla politica. “I tanti pregiudizi propagati dall’attuale classe dirigente, che tende a dipingerci l’islam come una cultura sostanzialmente nemica, inconciliabile con quella occidentale — per non parlare di iniziative a matrice islamofoba come il recente Travel Ban, che blocca le frontiere degli Stati Uniti a milioni di cittadini di paesi islamici — ci incoraggiano ancora di più nella nostra missione di catalizzare il dialogo inter-culturale. Fortunatamente non siamo soli in questa battaglia: sono tantissime le istituzioni culturali e scientifiche statunitensi che in questo momento si stanno battendo per consentire ai loro impiegati e collaboratori di continuare il loro lavoro. La battaglia è appena iniziata”. Lo IAIA presto sarà in buona compagnia: dopo anni di stallo e massicce proteste xenofobe, riparte il progetto di costruzione l’atteso Centro Culturale Islamico. Misurerà solo tre piani, e non quindici come era stato inizialmente annunciato, e sorgerà in Park Place, nei cuore di Tribeca.
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Maggio 2017