“Ai miei occhi di berlinese, cresciuto in una città riunificata segnata dalla pesantezza dell’edilizia degli anni della ricostruzione e della DDR, Milano è sempre apparsa come un’oasi di leggerezza, dove il Novecento ha avuto modo di svilupparsi con grazia ed eleganza”, racconta l’editor e direttore creativo Karl Kolbitz, modello di Prada, ex assistente di Wolfgang Tillmanns e Mario Testino, e adesso curatore dell’ultima, imperdibile pubblicazione di Taschen: “Ingressi di Milano”, un avvincente percorso fotografico attraverso 144 tra i più interessanti ingressi del capoluogo lombardo, raccontati da 278 scatti dei fotografi Matthew Billings, Delfino Sisto Legnani e Paola Pansini, in libreria da questo mese. “Questo libro nasce dal desiderio di far conoscere al mondo uno dei tesori più grandi di Milano: gli eleganti ingressi dei suoi palazzi, sublimi esempi di quello splendore minimalista e di quel senso dello chic per cui Milano è ammirata nel mondo. Tesori ingiustamente poco noti, che la città che ha esportato il suo design ed il suo buon gusto nel mondo sembra voler riservare per sé, nascondendoli gelosamente dietro pesanti portoni di legno. Quando occasionalmente si aprono al tuo passaggio, ti ritrovi testimone, per pochi fugaci istanti, di fulgide quanto effimere apparizioni, sedotto, una volta di più, dal fascino discreto di questa città elegante e misteriosa, che si svela beffardamente per rapide epifanie, senza mai rivelarsi del tutto”. Particolarmente ricche di preziose informazioni, a dispetto della stringatezza, le note a piè di pagina, nelle quali per ciascun ingresso Kolbitz ha ricostruito non solo architetto ed anno di costruzione, ma anche designer ed azienda produttrice di lampadari e sedute, e, grazie alla consulenza di un geologo, persino nome e provenienza di marmi, graniti ed altri materiali impiegati nella costruzione, incluse le ceramiche. “Come si può leggere nell’ultimo dei quattro testi che integrano il libro, “Ceramica dovunque: una tradizione italiana” di Lisa Hockemeyer, tra il 1947 ed il 1958 si assiste all’esplosione della ceramica artistica d’avanguardia a fini decorativi, che negli ingressi Milanesi, si pensi ai capolavori di Fausto Melotti, tocca forse i picchi più alti. Disponibile ovunque, poco costosa e durevole, e politicamente inoffensiva, perché scevra, a differenza di marmi e travertini, da ogni riferimento alla retorica monumentale fascista, la ceramica in quegli anni seppe interpretare al meglio l’entusiasmo della nuova Milano democratica”.
Pubblicato su Vogue Italia, Aprile 2017
Photo credits: Courtesy of Taschen.