Quello che sorprende di Pierre Casiraghi, che è passato dai record transoceanici con Giovanni Soldini alle barche che volano sui foil in uno dei campionati di vela più competitivi del mondo, secondo solo all’America’s Cup, è scoprire che è un ragazzo prudente. «Sono molto attratto dalla bellezza di questa disciplina, dagli scafi che decollano sull’acqua e corrono il doppio più veloce del vento, ma se potessi praticare lo stesso sport eliminando i fattori di rischio sarei molto più felice». Intanto, fa il possibile per limitarli: «In gara resto sempre molto concentrato, cerco di arrivare il più allenato possibile, insomma di rispettare questo sport. Poi ho voluto elmetti e attrezzatura a norma. Io non ci tengo per nulla a correre rischi inutili: sugli sci metto sempre il casco e quando vado fuori pista l’airbag contro le valanghe, e non capisco chi pensa che stando seduti dietro, in macchina, la cintura di sicurezza non serva».
Da sempre grande amante dello sport, con un chiaro penchant per le discipline più estreme e adrenaliniche, dal paracadutismo alle corse automobilistiche, negli ultimi anni è stato assorbito soprattutto dalla vela, praticata ormai a livello professionistico. «Amo il mare, follemente. Ma della vela ad attrarmi sono soprattutto le dinamiche di équipe: la ricerca di quella sintonia tra membri del team che porta più uomini a guidare la barca in concerto, quasi si trattasse di un unico organismo a più teste», racconta il ventinovenne terzogenito di Caroline di Monaco e dell’imprenditore edile italiano Stefano Casiraghi.
«È l’essenza di questo sport: solo lavorando tutti insieme per l’obiettivo comune si può sperare di vincere». Eppure l’estate scorsa, nonostante le precauzioni e lo spirito di squadra, la barca di Casiraghi è stata colpita da un gommone in piena gara. «Siamo stati quasi affondati da un gommone dell’organizzazione che ci è arrivato addosso da sottovento e in pieno campo di regata. Fino al momento dell’impatto, non l’abbiamo visto: l’uomo che lo guidava non ha guardato dove stava andando e ha messo in pericolo tutto il team, oltre a se stesso». Poche settimane dopo però lo ritroviamo a Palma per la Copa del Rey, sempre a bordo del suo catamarano foil, “Malizia”, portacolori dello Yacht Club di Monaco, così battezzato in onore dell’antenato genovese Francesco Grimaldi, detto “La Malizia”, che nel 1297 fondò la dinastia dei Grimaldi. «In un mese abbiamo ricostruito la barca e a Palma, la gara dopo, siamo arrivati quarti. Non male contro i team migliori del mondo».
La sua grande passione per la navigazione, racconta, nasce dalle letture d’infanzia: «Corto Maltese è un personaggio dei fumetti che mi ha sempre affascinato, per quella sua tempra da lupo di mare e quelle sue avventure straordinarie, in mari così lontani ed esotici. Da bambino sognavo un giorno di poterlo emulare». Casiraghi racconta di praticare con uguale entusiasmo sia l’inshore che l’offshore, il “rally” della vela: consiste in traversate in mare aperto, che possono durare anche più di dieci giorni, con percorsi che superano le 250 miglia, dove vince il miglior stratega, l’équipe che sa gestire al meglio le emergenze meteorologiche e mantenere alto il morale. Nel 2014 Casiraghi riempie d’orgoglio il cuore dei monegaschi attraversando, con Soldini, i 6mila chilometri che separano Città del Capo da Rio de Janeiro in dieci giorni, undici ore e ventinove minuti, circa due giorni in meno rispetto al record precedente. «Cosa si prova a trovarsi in mezzo a un oceano in tempesta, in balia di onde alte fino a dieci metri? La barca scricchiola e non c’è spazio per errori, ne basta uno per spaccarla. Ma la paura serve a concentrarsi di più. E poi Giovanni infonde sempre molta calma in tutto l’equipaggio». Poi la bellezza dopo che la tempesta è passata: «La barca scivola veloce su acque improvvisamente così calme da parere uno specchio». È proprio durante le traversate che i marinai notano di più le ferite del mare: «Osserviamo sempre meno animali, meno mammiferi marini e pesci. Vediamo sempre più pezzi di plastica, spazzatura e macchie d’olio. Per me è una cosa insopportabile, ed è un grandissimo peccato che non ci sia uno sforzo condiviso, a livello globale, per educare i singoli al rispetto dell’ambiente e per aiutare i paesi in via di sviluppo a modernizzare gli impianti per smaltire i rifiuti, così da evitare che finiscano in mare».
Cosa pensa dell’elezione di Donald Trump che non crede al climate change? «Sono triste e preoccupato per la direzione presa dagli Stati Uniti per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria, dei mari, e del pianeta in generale». L’altra sua grande passione, oltre al mare, sono le macchine d’epoca. Nelle foto di queste pagine è ritratto davanti alla sua collezione di automobili vintage: «Ho sempre amato le Fiat. La prima che ho guidato appena presa la patente era una 500 del 1978, e mi sono innamorato del genere. Le mie preferite oggi sono una Fiat 600 Boano del ’58 di cui esistono solo altri due esemplari al mondo, una Zagato 750 Abarth e la mia Fiat Abarth 1000 TC del ’62. Tre macchine eccezionali nate nello stesso periodo, basate sullo stesso telaio eppure così diverse tra loro, emblema di quello che, in quegli anni, era un marchio irraggiungibile».
Del suo impegno al di là di queste sue passioni, Casiraghi parla molto poco. Durante le regate della scorsa estate indossava la “Fay Race Jacket”, un’elegante giacca antivento biancorossa, i colori del Principato, realizzata in collaborazione con Fay in edizione super limitata per raccogliere fondi a favore del reparto Pediatria e Malnutrizione dell’Hôpital des Petits di Markala, in Mali. Dalla famiglia Grimaldi, da sempre in prima linea sul fronte charity, Pierre ha infatti ereditato anche la vocazione per l’impegno sociale. La fulminazione sulla via di Damasco, racconta, avvenne nel 2007, durante un tour umanitario in Africa al seguito di sua madre, presidente dell’organizzazione umanitaria AMADE (L’associazione mondiale degli amici dell’infanzia). «Durante quel viaggio visitammo i vari centri pediatrici dell’organizzazione in Burundi, Mali, Niger, Repubblica Democratica del Congo e Sud Africa, ed ebbi modo di rendermi conto di quanto poco serva, in Africa, per fare tanto. Bastano investimenti irrisori per salvare vite, e dare ai più giovani una chance», racconta il nipote di Grace Kelly. «Il reparto di neonatologia che stiamo ricostruendo in Mali, per esempio, al momento ha funghi e muffa alle pareti». Nel 2015 fonda “Sail for a Cause”, una gara di vela organizzata per raccogliere fondi a favore delle fondazioni di charity per l’infanzia “Maison Notre Dame de Paix” e “Monaco Collectif Humanitaire”.
Come suo zio, il Principe Alberto di Monaco, Pierre Casiraghi è inoltre molto attivo nel sostegno agli atleti monegaschi. Nel 2014 si reca con loro in trasferta ai Giochi Olimpici di Sochi e spesso incontra le nuove leve dello Yacht Club di Monaco per condividere con loro le sue esperienze di sportivo. «Da un lato cerco di far capire loro l’importanza della disciplina, della concentrazione, senza le quali è impensabile ottenere risultati. Dall’altro li invito a non dimenticare mai che lo sport è anche, e soprattutto, passione e divertimento. Abbiamo appena organizzato incontri coi bambini di Monaco appassionati di vela, hanno fatto un sacco di domande interessanti. Alla fine però erano molto più concentrati su Uma, il mio cane che è anche la mascotte del team». Dopo un’infanzia normale con la madre e i fratelli nella provincia francese, tra Saint-Rémy-de-Provence e Fontainbleu, e successivamente una jeunesse dorée, nel 2007 si trasferisce per alcuni anni a Milano, dove all’università incontra Beatrice Borromeo, che sette anni dopo diventerà sua moglie. In Bocconi studia economia e management, due discipline d’obbligo per chi sapeva di essere destinato a prendere le redini insieme al fratello Andrea del business paterno: la nota società di costruzioni Engeco, specializzata in real estate ai più alti livelli, e di cui oggi è uno degli azionisti principali. Tra i vari progetti milionari dell’azienda ve n’è uno che, da tre anni a questa parte, lo ha visto particolarmente protagonista: “La petite Afrique”, un esclusivo condominio di superlusso disegnato da Isay Weinfeld situato nel Carré d’Or di Montecarlo ispirato ai principi della green architecture, inaugurato ufficialmente il mese scorso. Un grande successo commerciale: a dispetto dei 100 mila euro al metro quadro, i sette esclusivi appartamenti di 700 metri quadri sono andati venduti nel giro di poche settimane. Un progetto gemello, battezzato “W14”, seguirà a breve a New York. «Progettando un edificio dall’estetica leggera, che dall’esterno pare una foresta verticale, l’architetto cui abbiamo affidato questo progetto, il brasiliano Isay Weinfeld, è riuscito in un piccolo miracolo: coniugare eleganza e modernità, il tutto nel rispetto dell’architettura del centro storico. “La petite Afrique” interpreta al meglio, credo, il nuovo paradigma del lusso in architettura ai nostri giorni. Il cliente non si accontenta più di materiali pregiati e dell’idea stravagante dell’archistar di turno. Esige dall’architetto che la sua esperienza dell’edificio nel quotidiano, la sua qualità di vita, siano al centro del progetto. Per questo abbiamo concepito “La petite Afrique” con pareti esterne di vetro che possono scomparire a comando, così da dare a chi vi abita la sensazione unica di “avere una foresta in salotto”, pur essendo in pieno centro. A mio avviso, il lusso dei lussi oggigiorno. Per lo stesso motivo, abbiamo riservato un’attenzione maniacale al “service”, dalla scelta dello staff della conciergerie all’ingresso dell’edificio a quello della Spa al piano interrato, un punto spesso carente di tanta edilizia di super lusso. Chissà che, riportando l’individuo in maniera così programmatica al centro, non riusciremo a lanciare un trend duraturo in questo settore».
Anche se per la vacanza ideale di Pierre basta molto meno: «Una foresta, un fuoco, buon vino e degli amici. Quest’estate eravamo accampati in Slovenia, abbiamo sentito un rumore in lontananza e io ho detto: “È un orso”. Tutti ridevano sostenendo fosse una mucca. Dopo un paio d’ore l’orso ce lo siamo trovati davanti. Tutti urlavano: “Che facciamo adesso?” e a me è venuto da ridere: “Provate a mungerlo!”». E se gli chiedi come si immagina tra dieci anni, Casiraghi preferisce il senso dell’umorismo ai sentimentalismi: «Un po’ più vecchio».
Photo by Tom Munro
Fashion editor Robert Rabensteiner
What’s surprising about Pierre Casiraghi, who moved from setting transoceanic records with Giovanni Soldini to hydrofoiling in one of the most competitive sailing championships in the world, second only to the America’s Cup, is discovering that he’s a cautious guy. “I’m very drawn to the beauty of this discipline, to the hulls that rise up from the water and run twice as fast as the wind. But if I could do the same sport while eliminating the risk factors, I’d be much happier”. Meanwhile, he does what he can to reduce them. “During a race I always stay very focused, I try to train as well as possible, in short, to respect the sport. Then I make sure the helmets and equipment are up to standard. I have no interest in taking unnecessary risks – when I ski I always wear a helmet; when I go off trail, an airbag in case of avalanches. I don’t understand those who think they don’t need a seatbelt in the back seat of a car”.
A lifelong lover of sport, with a clear penchant for the most extreme and adrenalin-charged disciplines, from skydiving to car racing, in recent years he’s been mainly dedicated to sailing, which he now practices at the professional level. “I love the sea, madly. But what attracts me in particular about sailing is the crew dynamics: that quest for harmony among team members that enables a group of men to sail a boat as if it were a single body with several heads“, says the 29-year-old third son of Caroline of Monaco and of Italian building contractor Stefano Casiraghi.
“That is the essence of the sport: only by working together for a common goal can you hope to win”. Yet last summer, despite the precautions and the team spirit, Casiraghi’s vessel was hit by a rubber dinghy in during a race. “We were almost sunk by one of the organizer’s rafts, which hit us from the leeward side in the middle of the race. We didn’t see it until impact, and neither did the man who was driving. He wasn’t looking where he was going and endangered the whole team, not to mention himself”. A few weeks later, he was in Palma for the Copa del Rey, aboard his foil ‘Malizia, flying the colors of the Monaco Yacht Club, named in honor of his ancestor Francesco Grimaldi of Genoa, known as ‘La Malizia’, who founded the Grimaldi dynasty in 1297. “We rebuilt the boat in a month, and in the next race at Palma we placed fourth. Not bad against the best crews in the world”. His great passion for sailing, he says, comes from childhood reading. “Corto Maltese is a comic book character that always fascinated me, a hardened old sea dog who had extraordinary adventures in faraway, exotic seas. As a child I dreamed of emulating him one day”.
Casiraghi tells us that his enthusiasm for inshore extends to offshore, the ‘rally’ of sailing, which consists of offshore crossings which can last more than ten days, with runs that exceed 250 miles, where he his crew won the best strategist award for being best at managing weather emergencies and maintaining morale. In 2014 Casiraghi filled the hearts of his fellow Monegasques with pride when, sailing with Soldini, he crossed the six thousand kilometers between Cape Town and Rio de Janeiro in ten days, eleven hours and twenty-nine minutes, about two days less than the previous record. “How does it feel to be in the middle of a stormy ocean, at the mercy of waves up to ten meters high? The boat screeches and there’s no room for mistakes, it only takes one to split the boat in half. But the fear helps you focus better. Plus Giovanni instills calm in the crew”. Then there’s the beauty after the storm has passed: “The boat slides fast across water that’s suddenly as calm as a mirror”. It is during these crossings that sailors notice the damage being done to the sea: “We see fewer and fewer animals, fewer marine mammals and fish. We see more and more pieces of plastic, garbage and oil slicks. For me it’s intolerable, a great shame that there’s not a worldwide shared effort to educate people about the environment and help developing countries to modernize their waste disposal facilities so it doesn’t all end up in the ocean”.
What does he think about the election of Donald Trump, who is a climate change denier? “I’m sad and concerned about the direction taken by the United States with regard to air pollution, the ocean, and the planet in general”. His other great passion, besides the sea, are vintage cars. The photos in these pages show him with his collection: “I’ve always loved Fiats. The first one I drove just after getting my license was a ‘78 Fiat 500, and I fell in love. My current favorites are the ’58 Fiat 600 Boano, of which there are only two others in the world, a Zagato Abarth 750 and my ’62 Fiat Abarth 1000 TC. Three exceptional cars from the same period, based on the same chassis and yet so different, emblems of what was at that time an unrivaled brand”.
Of his commitments beyond these passions, Casiraghi speaks very little. During this past summer’s regatas he wore the ‘Fay Race Jacket’, an elegant red and white windbreaker, the colors of the Principality, designed in collaboration with Fay in a super limited edition to raise funds for the pediatric and malnutrition ward of Hôpital des Petits in Markala, Mali. The Grimaldi family, always at the forefront of charitable initiatives, taught Pierre the value of social commitment. The vision on the road to Damascus, he recounts, came in 2007 during a humanitarian tour of Africa with his mother, president of the humanitarian organization AMADE (World Association of Children’s Friends). “During that trip we visited the organization’s various pediatric centers in Burundi, Mali, Niger, the Democratic Republic of Congo and South Africa, and I realized how little is required to do a lot of good in Africa. All that’s needed are minimal investments to save lives and give kids a chance”, says the grandsone of Grace Kelly. “The neonatal unit we’re rebuilding in Mali, for example, currently has mold and mildew on the walls”. In 2015 Pierre founded ‘Sail for a Cause’, a yacht race to collect funds for the children’s charity foundations Maison Notre Dame de Paix and Monaco Collectif Humanitaire.
Like his uncle, Prince Albert of Monaco, Pierre Casiraghi is also very active in supporting Monegasque athletes. In 2014 he accompanied them to the Olympic Games in Sochi and often meets with the new generation of the Monaco Yacht Club to share his experience with them. “On the one hand I try to help them understand the importance of discipline and concentration, without which it’s impossible to achieve results. On the other, I urge them to never forget that sport is above all about passion and fun. We just did some encounters with the kids in Monaco who are interested in sailing, and they asked a lot of interesting questions. In the end, however, they were much more focused on Uma, my dog, who is also the team mascot”. After a normal childhood with his mother and brothers in the French countryside between Saint-Remy-de-Provence and Fontainebleau, followed by a jeunesse dorée, in 2007 he moved to Milan for a few years to attend university, where he met Beatrice Borromeo, who became his wife seven years later. At Bocconi he studied economics and management, compulsory subjects for a guy who knew he was destined to take the reins, with his brother Andrea, of his father’s business: the renowned Engeco construction company, specializing in real estate at the highest levels, of which he is today one of the major shareholders. Among the company’s various multi-million-euro projects, there is one which, for three years now, has been particularly dear to his heart: La Petite Afrique, an exclusive ultra-luxury condominium designed by Isay Weinfeld that just opened last month, located on the Carré d’Or of Montecarlo and based on the principles of green architecture. Pierre scored a great commercial success: despite the 100,000 euro per square meter price tag, the seven exclusive apartments of 700 square meters were sold within a few weeks. A sister project, dubbed ‘W14’, will follow shortly in New York. “By designing a building with a light aesthetic, which from the outside looks like a vertical forest, the architect we’ve entrusted with this project, the Brazilian Isay Weinfeld, delivered a small miracle that combines elegance and modernity, all in respect of the historic downtown architecture. La Petite Afrique offers best interpretation, I think, of the new paradigm of luxury in the architecture of our time. Clients are no longer satisfied with prized materials and the extravagant ideas of dell’archistar of the moment. They demand that their everyday experience of the building, their quality of life, are at the center of the project. So we’ve designed La Petite Afrique with exterior glass walls that can disappear on command, so as to give residents the unique feeling of having a forest in their living room, despite being in the city center. In my view, this is the epitome of luxury nowadays. For the same reason, we paid obsessive attention to the service aspect, from the selection of the concierge staff at the entrance of the building to that of the basement spa, an amenity often lacking in many super luxury buildings. Who knows, maybe by putting the individual at the center in such a systematic way, we might be able to spark a lasting trend in this area”.
For the ideal vacation, Pierre requires much less: “A forest, a fire, good wine and friends. This summer we were camped in Slovenia, we heard a noise in the distance and I said, ‘It’s a bear’. Everyone laughed saying it was a cow. A couple of hours later the bear was standing in front of us. Everyone was screaming, ‘What do we do now?!’ and I had to laugh. ‘Try milking it!’, I told them”. And if you ask him how he imagines himself in ten years, Casiraghi prefers humor to sentimentality. “A little older”, he says.