Il Profeta Bauhaus

Laboratorio estetico del modernismo, ma anche anticipatore dell’interdisciplinare figura del designer di oggi. In mostra una nuova lettura del movimento di Gropius.

Tra i principali meriti della mostra “The Bauhaus #itsalldesign”, visibile fino al 28 Febbraio al Vitra Design Museum di Weil am Rhein, vi è quello di far piazza pulita del diffuso pregiudizio che  riduce il Bauhaus a laboratorio estetico del modernismo, trascurandone il ruolo di incubatore, con quasi un secolo di anticipo, delle principali idee al centro dell’odierno dibattito sul design. «Abbiamo deciso di porre l’accento sull’interesse dei principali esponenti del movimento, da Marianne Brandt, Marcel Breuer a Lyonel Feininger, Walter Gropius e Wassily Kandinsky, per la razionalizzazione dei processi produttivi e per le innovazioni tecnologiche. Il designer, per il Bauhaus, non doveva infatti limitarsi a creare oggetti per l’uso quotidiano, ma anche ambire a proporre nuovi iter produttivi e, così facendo, dare un contributo attivo alla trasformazione dell’economia e della società», spiega Mateo Kries, dal 2011 co-direttore insieme a Marc Zehnter del Vitra Design Museum. «Con nuove parole-chiave come “Social design”, “Open Design” e “Design Thinking”, negli ultimi anni stiamo assistendo alla rinascita del desiderio di collocare il lavoro del designer in un contesto più ampio, e, in ultima analisi, di riplasmare la società attraverso nuove definizioni di produzione e consumo più smart, equee e sostenibili. La mostra getta un ponte tra le idee rivoluzionarie proposte nella prima metà del ventesimo secolo dall’avanguardia tedesca ed il lavoro dei numerosi designer contemporanei, come Arik Levy e Hella Jongerius, che oggi le raccolgono e le sviluppano in maniera originale». Tra gli esempi più interessanti presi in rassegna da “The Bauhaus #redefinedesign”, la piattaforma “Opendesk”, un market-place che consente al consumatore finale di scegliere una fabbrica vicino a casa dove far produrre gli articoli di design acquistati online, così da ridurre al minimo costi e inquinamento associati al loro trasporto. Oppure l’iniziativa “OpenStructures” del designer belga Thomas Lommé, che, in un sistema simile al gioco “Meccano”, punta a creare un “esperanto del design”, grazie ad un database di componenti costruttivi elementari liberi da copyright, come dischi forati, viti, bulloni e cerniere. «Chiunque può contribuire con nuovi moduli, o attingere liberamente dal database per la realizzazione degli oggetti più disparati, da una bicicletta ad un bollitore dell’acqua, nel nome di una pratica di design collettiva e open source. Anche questa era un’idea già presente in embrione nel Bauhaus, il movimento che per primo, soprattutto su iniziativa del secondo direttore Hannes Meyer, teorizzò la necessità di nuove pratiche di design industriale improntate alla collaborazione». «In generale», conclude Kries, «siamo debitori al Bauhaus se oggi concepiamo il designer come una figura professionale eclettica e complessa, cui vengono richieste competenze in discipline molto diverse tra di loro: la missione della “Staatliches Bauhaus” di Gropius era proprio quella di formare una nuova generazione di progettisti dal profilo completo, che si intendessero anche di processi industriali, di tecnologia e, non per ultimo, dei processi psicologici e percettivi della mente umana. Si deve a questa accezione, aperta su differenti livelli, inaugurata a Weimar – ne sono certo – se oggi questa disciplina è così onnipresente nella nostra società».

Pubblicato su Vogue Italia N. 782, Ottobre 2015

http://www.vogue.it/people-are-talking-about/vogue-arts/2015/10/il-profeta-bauhaus

Aesthetic laboratory of modernism, but also a precursor to the actual figure of the designer. A new reading of the movement of Gropius is on display

Amongst the many merits of the exhibition “The Bauhaus #itsalldesign” (through to 28/2 at the Vitra Design Museum in Weil am Rhein) is that of sweeping away the widespread prejudice that reduces the Bauhaus to an aesthetic laboratory of Modernism, neglecting its role of incubator, almost a century in advance, of the principal ideas at the center of today’s debate on design.
“For the Bauhaus, the designer in fact did not have to limit him-/herself to creating objects of everyday use, but to aim to produce new production practices, thus giving an active contribution to the transformation of the economy”, explains Mateo Kries, co-director with Marc Zehntner of the Vitra Design Museum. The exhibition creates a bridge between the ideas proposed in the first half of the Twentieth century by the German avanguardia and the work of many contemporary designers. With key words such as “social design”, “open design” and “design thinking”, today we are witnessing the rebirth of the desire to reshape society through new definitions of production and consumption”.

(…)

http://www.vogue.it/en/people-are-talking-about/vogue-arts/2015/10/the-bauhaus-prophet#sthash.7UncFgjt.dpuf

 

 

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