Svegliarsi all’alba, regalarsi un tuffo tonificante nella piscina sul tetto, e, dopo qualche bracciata, sedersi sul bordo e godere di una vista mozzafiato sui tetti di Istanbul e sulle acque luccicanti del Corno d’oro. Oppure scegliere di viziarsi con un massaggio nell’hammam rivestito di marmi, o con un trattamento di bellezza a base dei profumati prodotti biologici Cowshed. L’unico rischio che si corre prenotando un soggiorno al Soho House Istanbul, l’ultimo nato della famiglia Soho House, inaugurato lo scorso Aprile, è quello di rimanervi prigionieri, e di mettere in secondo piano la visita dell’affascinante metropoli turca. Non certo quello di rimanerne delusi, perché di tutte le 13 Soho House attualmente presenti al mondo, quella di Istanbul, oltre a essere la più imponente per dimensioni, è, con tutta probabilità, anche la più spettacolare. Lo si deve, innanzi tutto, all’eccezionalità di uno dei quattro edifici di cui si compone la struttura: il “Corpi Building”, impressionante tripudio di affreschi, marmi e intarsi lignei, riportati all’antico splendore dopo oltre dieci anni di restauro, la cui costruzione fu ordinata nel 1873 da un ricco mercante genovese (si vocifera per compiacere la sua amante), successivamente sede, per quasi un secolo fino al 2003, dell’Ambasciata Americana. Fedele alla tradizione del gruppo alberghiero fondato a Londra nel 1995 da Nick Jones, anche questa tredicesima House è concepita come un “members’ club”, cui si accede esclusivamente su invito (oppure, se si è a Istanbul di passaggio, semplicemente prenotando una stanza), che nasce per offrire alle élite creative della città, soprattutto quelle dei settori del cinema e dei media, un’oasi di esclusività dove darsi appuntamento. “A differenza di altri club privati, cui si accede esclusivamente in base a criteri di ceto sociale, per far parte della famiglia di Soho House occorre soddisfare essenzialmente un solo requisito: appartenere alla comunità dei creativi. Più che una struttura alberghiera ai più alti livelli, il nostro scopo è innanzitutto quello di creare un luogo di incontro per “same-minded”, sia locali che internazionali, che favorisca lo scambio di idee e gli incontri interessanti”. Il tutto sorseggiando, magari, un cocktail al tramonto su una delle due terrazze sul tetto o dandosi appuntamento in uno dei due ottimi ristoranti interni alla struttura, “Cecconi’s” e “Mandoline Terrace”, dove si servono, rispettivamente, i classici della gastronomia italiana e greco-turca. Motivo di vanto di quest’ultimo, a sorpresa, i classici del cibo di strada locale, come il Döner kebab, rivisitati in chiave d’alta gastronomia.
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Settembre 2015