Intervista con Tom Maier, direttore creativo di Bottega Veneta e noto appassionato di architettura nipponica. Tra i tesori in pericolo (in ristrutturazione quest’anno) l’Hotel Okura, il preferito del direttore creativo.
Con l’infervorare dei preparativi per le Olimpiadi di Tokyo del 2020, il rischio che molti dei capolavori dell’architettura modernista giapponese vadano distrutti, o irrimediabilmente scempiati, è altissimo. Questo l’allarme lanciato da alcuni tra i più famosi architetti giapponesi, come Fumihiko Maki e Toshiko Mori, intervenuti al simposio patrocinato da Bottega Veneta presso il 21st Century Museum of Contemporary Art, svoltosi a Kanazawa il 2 novembre scorso. Un incontro che – scopriamo parlando con Tomas Maier, direttore creativo di Bottega Veneta e noto appassionato di architettura nipponica – intende essere solo la prima di una serie di iniziative di sensibilizzazione patrocinate dalla griffe vicentina in difesa dell’architettura modernista del Sol Levante. «Se l’architettura tradizionale del Giappone è per lo più considerata un tesoro nazionale, lo stesso non può essere detto per gran parte dei capolavori del modernismo, trattati solitamente alla stregua di edifici qualunque, e demoliti non di rado per una semplice non conformità alle norme antisismiche: si pensi alla sorte toccata agli eleganti uffici postali centrali di Tokyo e Osaka, considerati le opere prime di Tetsuro Yoshida, distrutti per sempre dalle ruspe», denuncia lo stilista tedesco. «Se questi tesori culturali non saranno oggetto di un’ulteriore riflessione, soprattutto in Giappone, la bellezza e la maestria che rappresentano andranno perse per sempre». Nasce da queste premesse anche la collaborazione tra Bottega Veneta e Casa Brutus, la più importante rivista di architettura del Giappone, che questo Gennaio, raccogliendo l’appello di Meier, ha consacrato un intero numero ai tesori del modernismo giapponese minacciati di scomparsa: come il singolare Nissay Theater Hall di Togo Murano, noto per non presentare neanche una linea retta, o lo spettacolare Yoyogi National Gymnasium di Kenzo Tange, famoso per il suo tetto sospeso, sostenuto da due grossi cavi di metallo. Non poteva mancare, infine, l’edificio modernista a cui Meier si dichiara più legato emotivamente: l’Hotel Okura di Tokyo. «Bastò varcarne la soglia dopo un lungo viaggio a metà degli anni ’80, perché in me nascesse una passione per l’architettura giapponese del dopoguerra che non mi ha più abbandonato. Rimasi letteralmente a bocca aperta, rapito dalla bellezza delle lampade di fattura artigianale e delle pareti scorrevoli Shoji, che lasciano filtrare la luce al suo interno in maniera molto suggestiva. Se non interverremo, anche quest’oasi di bellezza è destinata ad essere sventrata e trasformata in un albergo di 38 piani. Già nel 2015.»
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Febbraio 2015
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