Interview with german film director Philip Gröning

«Se pensiamo ai primi fotogrammi vergini di una pellicola, possiamo dire che il cinema è l’unica forma d’arte che scaturisce dal buio e dal silenzio. Come un artista preistorico che traccia pittogrammi nella tenebrosa quiete di una caverna, il grande cineasta ci regala immagini in grado di evocare altri mondi». Questa l’ambiziosa idea di cinema del multipremiato regista tedesco Philip Gröning, noto soprattutto per il documentario di ambientazione monastica “Into Great Silence” (2005), insignito dell’European film award. “L’Amour, l’argent, l’amour” (2000) e “The Terrorists” (1992), film grottesco vincitore del Pardo di bronzo a Locarno. Dopo il successo de “La donna del poliziotto”, presentato alla scorsa edizione della Mostra di Venezia ed insignito del prestigioso Premio Speciale della Giuria, il regista tedesco torna quest’anno in Laguna in veste di giurato.  «Spero di poter premiare dei film realmente innovativi, sotto il profilo del contenuto ma soprattutto sotto quello della forma. Film come “Lo specchio” di Tarkovskij o “Hunger” di Steve Mac Queen, che, grazie ad uno story-telling non convenzionale, riescono nel miracolo di toccare le corde interne dello spettatore, ed a cambiare il suo modo di guardare al mondo. Chissà, magari quest’anno sarà un film di un regista sudamericano o africano – questo almeno il mio augurio – ad aprirci gli occhi su nuove, potenti forme di narrazione». Gröning è attualmente impegnato nella fase di montaggio di quello che non esita a definire “il progetto cinematografico più ambizioso della mia carriera, a metà strada tra il western, la fiaba ed il discorso filosofico”. «Si intitolerà “Mein Bruder Robert”, e rappresenta una riflessione sul passare del tempo, attraverso la lente di due gemelli. Il tempo scorre per tutti, ma per i gemelli segue un ritmo insolito, scandito da un orologio interno alla coppia, diverso dal resto del mondo».

Pubblicato su L’Uomo Vogue, Settembre 2014

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