Che i cosiddetti “green building” (gli edifici cioè progettati secondo i più moderni criteri di sostenibilità) consentano di economizzare le risorse e minimizzare l’impatto ambientale è un fatto ormai risaputo. Meno noto è il ruolo che tali edifici possono svolgere come catalizzatori di sviluppo sociale. «Nei paesi più poveri, una loro diffusione fornirebbe ai governanti la chiave per dare simultaneamente una risposta a molte delle più pressanti esigenze della società contemporanea, come la lotta alla povertà e la difesa della salute pubblica. Lasciando intravedere una strada per coniugare due concetti considerati finora antitetici nelle nostre città in continua espansione: crescita economica da un lato, rispetto per l’ambiente e aumento della qualità di vita dall’altro». Parole di una delle massime autorità sull’argomento, Jane Henley, CEO del World Green Building Council (WGBC), la più importante associazione mondiale per la promozione dell’architettura sostenibile, diffusa ormai in 80 paesi nel mondo. «Con un progetto pilota di riqualificazione energetica di abitazioni povere in Sud Africa, ad esempio, abbiamo dimostrato che con interventi relativamente economici e “low tech” – come il solare termodinamico, un migliore isolamento di tetti e soffitti, la distribuzione di stufe pulite e di impianti d’illuminazione per interni a basso impatto ambientale – si ottengono complessivamente più benefici per la società, ed a minor costo, di quanto non si avrebbe finanziando la costruzione ex novo di centrali di energia pulita». Il WGBC calcola che se tali interventi fossero estesi a tutte le abitazioni povere del Sud Africa – tre milioni in tutto – il minor consumo di energia ed acqua che ne deriverebbe consentirebbe di risparmiare 200 milioni di euro, gran parte dei quali confluirebbero automaticamente nelle tasche di coloro che più ne hanno bisogno, e cioè gli abitanti di quelle abitazioni. «Sembra poco, ma tale somma risparmiata equivale per i più poveri ad una mensilità in più, una tredicesima piovuta dal cielo. Come se non bastasse, si verrebbero a creare 36,5 milioni di giornate di lavoro, e si risparmierebbero milioni di tonnellate di CO2.» Quando parla di promuovere lo sviluppo Africa attraverso l’architettura, il pensiero di Henley va soprattutto alle donne. «Prendiamo l’esempio della “Uaso Nyiro Primary School” a Laikipia, in Kenia, una scuola situata in una regione poverissima, dove il 25% della popolazione vive con meno di 1,25 $ al giorno. Grazie ad un intelligente sistema di raccolta e purificazione dell’acqua piovana, questo edificio scolastico “intelligente” – vincitore del “The Greenest School on Earth 2013 award” e costruito, è bene sottolineare, nel rispetto delle tecniche tradizionali, allo stesso costo di una scuola convenzionale – è in grado di rifornire la comunità di 350.000 litri di acqua potabile l’anno. Da quando la scuola ha aperto, la frequenza scolastica è aumentata dal 70 al 90% e l’incidenza di malattie legate alla scarsa qualità dell’acqua nelle sue vicinanze è crollata pressoché a zero. Molte bambine non dovranno più rinunciare ad un’educazione per andare a cercare l’acqua, com’è all’ordine del giorno in gran parte dell’Africa Subsahariana».
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Aprile 2014