Alexanderplatz. Auf Wiedersehen.

 Un nuovo grattacielo di Gehry sorgerà nel cuore di Alexanderplatz, a Berlino.

Avrà un’insolita forma a cubi sovrapposti ruotati in asse, facciate di un rassicurante color giallo pastello, e porterà la firma del maestro del decostruttivismo, il canadese Frank Gehry, il nuovo grattacielo che sorgerà in Alexanderplatz nel 2018 e che promette di ridisegnare lo skyline dell’ex Berlino Est, attualmente dominato dal parallelepipedo del Park Inn Hotel e dalla silhouette a forma di ago della Torre della televisione. La celebre piazza celebrata dal romanzo di Alfred Döblin e dall’omonimo lungometraggio-fiume di Rainer Fassbinder – nota per presentare uno degli assetti architettonici più confusi della capitale tedesca, caratterizzato da un’accozzaglia di edifici appartenenti ad epoche diverse, manifestamente incapaci di dialogare tra di loro – cambia così nuovamente pelle: questa volta lo farà crescendo in altezza, sul modello delle city delle grandi capitali europee. «Il palazzo ospiterà 300 appartamenti e, con i suoi 150 metri di altezza, ruberà al Köln Turn di Colonia il primato di più alto edificio residenziale in Germania», spiega Regula Lüscher del Senato cittadino. L’idea di di restituire coerenza architettonica alla piazza sviluppandola in verticale, attraverso la costruzione di un numero ancora imprecisato di grattacieli, risale in realtà ai primi anni ‘90, quando l’architetto berlinese Hans Kollhoff, su incarico della città, mise a punto un ambizioso “Masterplan” che, senza andarci troppo per il sottile, prevedeva la rimozione della quasi totalità degli edifici di epoca DDR e la costruzione, al loro posto, di ben 10 torri. «Erano gli anni in cui si voleva chiudere in maniera sbrigativa i conti con il recente passato comunista, cancellandolo. Oggi la parola d’ordine per gli architetti chiamati a dare un nuovo volto alla piazza non è più “tabula rasa” ma “dialogo con il tessuto esistente”: certi edifici di epoca DDR che si affacciano sulla piazza, come l’Haus des Lehrens e l’Haus des Reisens, sono ormai percepiti icone intoccabili. Una loro rimozione sarebbe impensabile». E se Gehry spiega di aver raccolto l’appello “creando un edificio a più facce, capace di guardare in tutte le direzioni, senza trascurarne alcuna”, per gli architetti Barkow e Leibinger, firmatari del progetto di grattacielo arrivato terzo in classifica, quella della ricerca della coerenza è una battaglia persa in partenza: «L’Alexanderplatz non costituirà mai un insieme armonico, omogeneo. Non sarà mai “bella”, nel senso tradizionale del termine. Rimarrà una piazza dove i livelli di lettura si sovrappongono, segnata da continue ferite, fratture, che trova la propria identità proprio nel fatto di non averne una, e di essere in continuo cambiamento». La priorità oggi, per i due architetti berlinesi, è semmai un’altra: fare in modo che l’ “Alex”  – frequentatissima sì, ma soprattutto da automobilisti e frettolosi consumatori, raramente da cittadini interessati a soffermarsi e a viverne gli spazi – torni ad essere un “luogo dell’abitare”. «Abbiamo progettato un edificio residenziale caratterizzato da appartamenti dalle finestre sovradimensionate, perché il tema “Vivere” fosse ben visibile nel cuore di una piazza percepita come luogo di passaggio». A simili principi si ispira anche forse il più interessante tra i progetti scartati, “Green8”, la città-giardino verticale degli architetti berlinesi Agnieszka Preibisz e Peter Sandhaus: un complesso di appartamenti e uffici collegati tra di loro da un susseguirsi di giardini e serre, che ambisce a creare un luogo di vera aggregazione cittadina, frequentato, vuoi per la vista panoramica, vuoi per la gradevolezza dei giardini pensili, anche da chi non vi abita.

Pubblicato su Casa Vogue, Aprile 2014

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Photo credit: Gehry and Partners, Hines.
Green 8 – Photo credit Apcon – Agnieszka Preibisz
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Green 8 – Photo credit Apcon – Agnieszka Preibisz
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Green 8 – Photo credit Apcon – Agnieszka Preibisz
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Green 8 – Photo credit Apcon – Agnieszka Preibisz

 

 

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Masterplan del 1994. Courtesy of Kollhoff
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Photo Credit: Kollhoff

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