L’Ile Sainte Marie è l’isola dei pirati. Per aspiranti Crusoe o amanti dell’ozio.
Descritti dalla leggenda come spietati, sanguinari ed assetati di denaro, non si può certo dire che i pirati non avessero buon gusto ed un certo senso della poesia, almeno a giudicare dal luogo da loro scelto per l’eterno riposo. Situato su un’altura dell’isola Sainte Marie, in Madagascar, il loro cimitero è un piccolo eden tropicale, nascosto agli sguardi indiscreti dal verde abbraccio della foresta. Ci vuol poco a capire che si tratta di tutto fuorché di un cimitero convenzionale: le lapidi, crettate dal tempo, rivelano ad uno sguardo più attento di esser state scolpite non nella pietra, ma nel corallo, a memoria di esistenze spese più in mare aperto che sulla terraferma; qua e là, le croci che le decorano hanno come base minacciose palle di cannone. Come a dire: la domenica alla messa, il lunedì al lavoro, a saccheggiare navi mercantili. Isola dell’isola, situata al crocevia di due importanti rotte commerciali, quella del Mar Rosso e quella dell’Oceano Indiano, Nosy Boraha – questo il suo nome in malgascio – non ha perso a distanza di quattro secoli quel fascino selvaggio che spinse i pirati a eleggerla per quasi un secolo quale loro dimora. Questo è particolarmente vero nell’estremità nord, raggiungibile solo dopo 40 minuti di strada sterrata, dove le uniche strutture turistiche per pernottare sono i bei bungalow e appartamenti del Riake Resort, costruiti su un’altura dirimpetto all’oceano dominante una spiaggia di fine sabbia bianca che si perde in ogni direzione a vista d’occhio. Certo, sarebbe un delitto giungere fino in Madagascar, con le sue foreste abitate dai lemuri, le sue colline verde brillante coltivate a terrazza venate di rosso, i suoi deserti ed i suoi canyon, per limitarsi ad una vacanza di mare: ma dopo un tour di alcune settimane tra paesaggi mozzafiato certamente stancante, un soggiorno all’isola dei pirati è certamente il miglior modo per concluderlo. Se i più contemplativi si abbandoneranno ad un ascolto attento della voce dell’oceano, vero protagonista di questo magico luogo, e degli esotici cinguettii delle molte varietà endemiche di volatili che l’isola ospita, i più avventurosi si lanceranno nelle numerose attività sportive che qui è possibile praticare: sport acquatici, trekking e gite a cavallo nella foresta, immersioni subacquee a ridosso della barriera corallina (che protegge le acque dell’isola dagli attacchi degli squali) e gite in piroga alla scoperta degli angoli più nascosti. Come la baia di Ampanihy, piccolo angolo di paradiso separato dal mondo dalle mangrovie, che regala l’illusione di essere naufraghi felici. Di tutti i periodi dell’anno, l’inverno australe, da Aprile a Settembre, è il periodo migliore per visitare l’isola. In questi mesi le sue pescose acque si arricchiscono di nuovi, ingombranti ospiti: le megattere, che qui ogni anno arrivano in massa dall’Antartide per riprodursi. Assistere a pochi metri di distanza al volo di una balena, che, per gioco o per corteggiamento, emerge completamente dall’acqua tra mille spruzzi è, a detta di molti, un’esperienza tra le più indimenticabili che il mondo animale può regalare
.
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Dicembre 2013
Photo Credit: Michele Fossi
Indirizzi utili:
per pernottare:
Hotel Lakana
Ristorante Baboo Village (Ile aux Nattes)
Hotel Ristorante La Crique (verso Ovest)