Inaugurazioni presidenziali

Sono passati due anni esatti da quell’indimenticabile 20 gennaio 2009 in cui Barack Obama, circondato da un bagno di folla, pronunciò le fatidiche parole “so help me God”, appoggiando la mano sulla Bibbia che fu di Abraham Lincoln, sancendo così ufficialmente l’inizio della sua era presidenziale e l’insediamento alla Casa Bianca. Accanto a lui, Michelle Obama sfoggiava per l’occasione un abitino e un appariscente cappottino giallo brillante in broccato dorato di Isabel Toledo; appariscenti anche le calze luccicanti e le scarpe verde metallizzato, che le  sono valse più di una critica.

In un paese tradizionalmente poco attento all’etichetta come gli Stati Uniti, il giorno dell’insediamento presidenziale riveste infatti un ruolo del tutto particolare in cui l’etichetta conta invece moltissimo, e il look sia del presidente che della first lady sono soggetti a regole ben precise. Con quell’outfit, Michelle veniva meno a una consuetudine inveterata negli anni: quella che prevede che il cappottino della first lady il giorno dell’insediamento presidenziale sia color pastello.

Questo perché i colori pastello, con i loro rimandi all’infanzia, sono per definizione rassicuranti, ma soprattutto discreti: un abito color pastello consente così alla first lady di incarnare il ruolo di archetipo femminile della nazione, una rassicurante e, certamente, elegante figura materna che in nessun modo deve essere troppo appariscente. Il protagonista della cerimonia infatti è, e deve rimanere il marito. Guai ad incappare nel temutissimo “effetto Carlà”, per intendersi.

Più che ad un errore di stile di Michelle Obama, viene da pensare che i tempi sono i cambiati, e che un giovane presidente come Obama, su esempio forse di Bill Clinton, non solo non tema di dare visibilità a una moglie di carattere come Michelle, ma che, anzi, conti sul carisma mediatico di lei per ottenere consensi nell’elettorato.

Forse per compensare in parte le scelte audaci della moglie, anche Obama si riserva di rompere a modo suo l’etichetta, scegliendo un deciso rosso carminio per la cravatta, che la tradizione presidenziale vuole per il giorno dell’investitura di un colore sobrio, come il grigio metallico sfoggiato da Reagan nel 1981, il fucsia spento di Clinton nel 1993 e il blu regimental di Bush Junior nel 2001.

A venire meno, nel look di Michelle, è anche uno dei due elementi dell’aristocrazia britannica – il cappellino – che, insieme ai guanti, per molto tempo ha costituito uno degli accessori d’obbligo della first lady il giorno dell’insediamento. Niente fa sognare, in un paese sprovvisto di dinastie di monarchi e nobili, come l’illusione di assistere, per un giorno, all’ascesa al trono di un re e della sua regina.

Cambiano col tempo le fogge degli abiti, ma guanti e cappellino accompagnano immancabilmente il look della first lady il giorno dell’insediamento. Li indossa entrambi Jacqueline Kennedy nel 1961; la signora Truman nel 1948; la signora Nixon e Nancy Reagan, nel 1981, non viene meno all’obbligo del cappellino, e ne indossa uno rosso, in tinta col cappottino. Non va però a Michelle il merito di questa rottura col passato nostalgico. È Barbara Bush, nel 1989, la prima a rinunciare all’aristocratico copricapo. Quasi a voler dire, con prosaico accento Texano: “Piantiamola con questa farsa: siamo qui per l’investitura ufficiale di un presidente americano, nella fattispecie un petroliere, non per una partita di cricket o una corsa di cavalli a Wimbledon!”. Hillary Clinton, Laura Bush e Michelle Obama ne seguiranno l’esempio. Rimane per il momento l’obbligo dei guanti. Quante legislature durerà ancora?

Con l’arrivo degli anni 80, forse per il diffondersi dei movimenti ambientalisti e animalisti, viene meno un elemento che ricorre spesso nelle immagini del giorno dell’investitura del presidente americano: la pelliccia. Da Nancy Reagan in poi, nessuna first lady sceglie di sfoggiare cappotti con collo o polsini in pelliccia, come  invece avevano fatto Jaqueline Kennedy, sempre nel ’61, Pat Nixon nel 1969 e, ovviamente le first ladies degli anni 40, quando la pelliccia impazzava, come la signora Roosevelt nel ’41 e, nel ’48, la moglie di Truman. Dopo il fuoco e le fiamme della tornata elettorale, un paese veramente  democratico deve ritrovare la sua compattezza. Nessuna provocazione, dunque, per il giorno dell’investitura: dalla coppia presidenziale, concluse le elezioni, si deve sentire rappresentato il paese intero. Ambientalisti compresi.

Pubblicato su Vogue.it, Gennaio 2011

https://www.vogue.it/people-are-talking-about/l-ossessione-del-giorno/2011/01/presidential-inaugurations

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