Dalle fedelissime versioni miniaturizzate di automobili, treni e navi care ai collezionisti, alle riproduzioni in scala di cui si avvalgono creativi e scienziati per fissare e raffinare le loro idee, i “modelli”, dalla notte dei tempi, esercitano un fascino speciale sugli esseri umani. «La loro natura “totemica”, di “rappresentanti di altri oggetti”, conferisce a questa particolare categoria di artefatti caratteristiche uniche, per certi versi magiche», spiega Andres Janser, curatore della mostra “Building Worlds: models for designing, collecting, reflecting”, un avvincente viaggio nel mondo modellismo, visibile fino all’8 Gennaio al Museum für Gestaltung di Zurigo. «Dandoci l’illusione di aver messo le mani su oggetti fuori portata per costi o dimensioni, come astronavi o velieri, queste miniature, ci dicono gli esperti, ottengono di appagare l’umana sete di possesso. Come vere e proprie macchine del tempo, i modelli ci permettono inoltre di materializzare realtà passate e future: si pensi ad una ricostruzione dell’Acropoli di Atene o al plastico di una base spaziale per Marte. I creativi, dal canto loro, ne apprezzano il potere di mettere a nudo l’ “essenza” di un oggetto, quando ce ne danno una versione stilizzata o trasparente, o di offrirne una trasfigurazione “sublimata”, ancor più fantasiosa ed accattivante di quella reale: caratteristica, questa, molto richiesta dall’industria pubblicitaria». Per valorizzare una qualità piuttosto che un’altra dei modelli, fondamentale è la scelta dei materiali: «Quelli artificiali, come plastilina o plexiglas, tendono a conferire al modello un carattere astratto; per risultati più realistici, la scelta ricade invece su legno, cartone ed materiali naturali, oltre che, ovviamente, sui modelli digitali». Impalpabili, facilmente manovrabili con un mouse, trasferibili con un click da una parte all’altra del globo, le “CGI” (“Computer Generated Images”) sono ormai una presenza fissa nella pratica di architetti e designer, ma sarebbe sbagliato credere che i modelli al computer abbiano mandato in pensione i modelli tradizionali. «Sette versioni intermedie in scala 1:1 della sedia “Houdini” del designer tedesco Stefan Die, progressivamente sempre più vicine a quella definitiva, mostrano ai visitatori di Bulding Worlds come i modelli tradizionali rimangano, anche per i creativi di oggi, un insostituibile strumento di lavoro per osservare con distacco il proprio progetto, magari “camminandoci attorno”, prima di procedere al suo perfezionamento», osserva Janser. Non di rado si assiste alla nascita di nuove, fruttuose simbiosi tra modelli immateriali e materiali: è il caso del progetto di Zaha Hadid per i Bee’ah Headquarters a Sharjah, tra i pezzi forti della mostra, che svela come l’archistar iracheno-britannica fosse solita raffinare ciclicamente le forme dei suoi edifici attraverso un passaggio continuo da modelli informatici a ben più palpabili stampe 3D.
Ottobre 2016




