Il più inestricabile ingorgo della storia si è verificato in Cina, nell’Agosto 2010: 100 km e undici giorni di coda. La sera del 12 Giugno di quest’anno, con ben 562 Km di file cumulative, San Paolo si è aggiudicata invece la palma per la “rush hour più congestionata della storia”. Senza arrivare a episodi così estremi, le cosiddette “megacities” – le città cioè con più di dieci milioni di abitanti, come Mosca, Pechino, e Bombay – convivono ormai quotidianamente con la piaga dei “super-ingorghi”. Se è vero quanto prevede l’ONU, ovvero che entro il 2030 cinque miliardi di persone vivranno in contesti urbani (la sola Cina sta pianificando la costruzione di più città di quante ne siano mai state fondate nel resto del pianeta nel corso della storia), l’automobile appare sempre più un mezzo di trasporto desueto e poco adatto a raccogliere le sfide della mobilità nelle megalopoli del futuro. Come ci sposteremo, dunque? A chiederselo, con una certa preoccupazione, sono soprattutto le case automobilistiche, che da anni finanziano costosi “think tank” sulla mobilità del futuro (come l’ “Audi Urban Future Summit” che si svolge ogni anno a Francoforte, ed il “BMW Guggenheim lab”, che, dopo aver fatto tappa a New York e Berlino, questo Dicembre aprirà i battenti a Mumbai), nella speranza di individuarne (e sfruttarne in tempo) le macro-tendenze, come “e-bikes” e “car-sharing”, già oggi business “green” saldamente nelle loro mani. Non mancano, certo, proposte ben più visionarie, degne di un romanzo di fantascienza. Come il progetto “Schweeb” , finanziato da Google, che prevede una rete di ovovie orizzontali attivate a pedale appese ad una mono-rotaia a 6 metri d’altezza, sulla quale sfrecceremo senza attrito a 45 Km/h. Non meno rivoluzionario lo “Stradle bus”, presentato all’expo di Shanghai nel 2010: un bus “con i trampoli” in grado di viaggiare sopra il livello delle auto grazie ad apposite guide istallate ai cigli delle strade – efficiente come 40 autobus convenzionali. «Ma più che l’introduzione di futuristici mezzi di trasporto, è lecito attendersi che sarà soprattutto l’informatica, in particolare la possibilità di comunicare dati geolocalizzati in tempo reale attraverso gli smart-phones, a rivoluzionare nei prossimi anni il modo in cui ci muoveremo nelle megacities», preconizza Carlo Ratti, esperto di mobilità urbana all’MTI di Boston ed inventore della “Copenhagen Wheel”, una ruota in grado di trasformare ogni bicicletta convenzionale in un’elettrica a pedalata assistita interfacciata al proprio cellulare, la cui commercializzazione è attesa all’inizio del 2013. «Nelle “senseable cities”, le città del futuro “parlanti in rempo reale” dove ogni cittadino fungerà da sensore, la mobilità risulterà ottimizzata da apposite app in grado di suggerire, ad esempio, percorsi intelligenti non solo per evitare gli ingorghi, ma anche per scongiurarne la formazione, o magari coordinare una rete di mini-bus elettrici e taxi “intelligenti”, capaci di disegnare in tempo reale il proprio percorso così da portare più persone a destinazione nel minor tempo possibile, con ovvi risparmi energetici.» Ne è passata insomma di acqua sotto i ponti da quando Michelangelo scagliò il martello contro il suo Mosé gridando: “Perché non parli?”. Non solo gli oggetti inanimati, anche le città oggi parlano, e pure tanto: è stato calcolato che negli ultimi due anni esse, grazie ai cellulari, abbiano prodotto più dati di quanto l’umanità non abbia fatto dalle prime incisioni rupestri fino al 2010. Dalla nostra capacità di ascoltarne la voce dipenderà sempre più la sostenibilità della mobilità nell’affollato mondo che ci attende.
Pubblicato su Vogue Italia, Ottobre 2012
