La Lucchesia è terra di fagioli. Da un anno a questa parte lo è ancora di più grazie al lavoro dell’Associazione “Agricoltori Custodi” e della Cooperativa “L’Unitaria” di Lucca, che mira a riportare in produzione ed a commercializzare una quindicina di varietà autoctone di fagiolo che fino a pochi anni fa venivano reperite solo in qualche orto di famiglia. Tutte vittime non illustri del boom economico degli anni ’60, quando la maggior parte dei produttori riconvertirono le proprie aziende in favore di varietà più standardizzate e redditizie ma non necessariamente più buone. Oggi torna sugli scaffali di alcuni negozi, ad esempio, un fagiolo di cui conservano memoria solo alcune nonne, il “Rosso di Lucca”, assente dal mercato da ben 40 anni. Caratterizzato da una pasta particolarmente morbida che contrasta con la buccia, spessa e percettibile, il Rosso di Lucca, fagiolo di profumi e sapori intensi, si esalta in preparazioni dal carattere forte, ad esempio “all’uccelletto”, servito cioè con polenta e cacciagione, oppure servito semplicemente come purea calda, condito con un filo di olio extravergine di oliva nuovo. Lo si riconosce per la caratteristica colorazione rossa di varia intensità con striature che vanno dal vinaccia scuro al nerastro. Accanto al “Rosso”, tra i maggiori vanti delle due associazioni figura sicuramente il recupero del fagiolo “aquila”, che deve il suo nome ad una macchia scura a forma di volatile in corrispondenza dell’ilo (così – non si finisce mai d’imparare – si chiama la strozzatura centrale del fagiolo). A renderlo veramente unico è la forma quasi rotondeggiante, l’assenza di buccia ed una pasta particolarmente morbida, dalla consistenza burrosa. È inoltre uno dei pochi fagioli a poter essere consumato secco oppure fresco, a baccello intero, con il grano già formato. Se cercate invece un fagiolo che stupisca i vostri ospiti per i suoi giochi cromatici, la vostra scelta non potrà che ricadere sul “mascherino”, così chiamato per le caratteristiche due facce, una di colore bianco e l’altra rosso-vinaccia più o meno scuro. La tradizione prevede che sia servito stufato, accompagnato da ortaggi e affettati. Vi è poi il fagiolo “malato”, di colore giallastro-verdognolo con macchia circolare rossastra sull’ilo, dalla forma reniforme e di piccole dimensioni. Nessun timore, il suo appellativo, così poco invitante, deriva dalle tonalità smorte del suo colore e non ha niente a che vedere con il suo stato di salute... Anche questa varietà può vantare l’assenza di buccia, una pasta morbida e sapori e profumi molto delicati con leggere note di erbaceo. Si consiglia si servirlo semplicemente lessato, sia come contorno, sia come antipasto, abbinato magari a del pesce delicato. La lista dei “fagioli ritrovati” è sorprendentemente lunga… a voi il piacere di scoprire da soli le altre varietà, scovandole magari sugli scaffali di qualche piccola bottega in occasione del prossimo viaggio in Lucchesia. Tenuto conto che alcune di esse vengono prodotte in quantità limitatissime (poche decine di Kg…), potrete ritenervi dei privilegiati.
TOPI AFFOGATI
Chi, in estate, avesse la fortuna di trovare dei fagioli aquila potrà gustarli nella tipica preparazione detta “topi affogati”. Non inorridite prima del tempo, si tratta di un piatto gustosissimo ottenuto senza dover torturare alcun roditore. I topi affogati sono infatti una “zuppa matta” (cioè una zuppa di pane raffermo cotto in padella con un sugo a base di conserva, sale, pepe, noce moscata e un po’ di ritagli di prosciutto o di pancetta) impreziosita dai baccelli interi del fagiolo, raccolti quando hanno appena formato il grano al loro interno e poi lessati. Un regola d’oro: per la buona riuscita dei „topi affogati“ è cruciale inzuppare il pane nell’acqua di cottura dei fagioli.
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Febbraio 2008





